HomeHomeEnrico "Sventura", lo strasconfitto del 25 settembre

Enrico “Sventura”, lo strasconfitto del 25 settembre

I sondaggi sono al buio già da qualche giorno ma non serve Nostradamus e non occorre neanche la Lampada di Aladino per profetizzare con certezza che le elezioni del 25 settembre consegneranno all’Italia un perdente, anzi uno straperdente e si chiama Enrico Letta.

Il segretario del PD passerà alla storia politica come il peggiore forse degli inquilini del Nazareno, artefice di una Caporetto che rischia di avere proporzioni senza precedenti per il suo partito. E il PD si avvia a perdere e perdere male le elezioni Politiche e farà anche peggio alle Regionali in Sicilia.

Nella partita romana ormai ad Enrico Sventura Letta è rimasta solo la speranza di impedire al centrodestra di prendersi quei due terzi di Parlamento che consentirebbe ai nemici di poter cambiare da soli la Costituzione. Letta coltiva la disperata aspettativa di strappare qualche collegio in più ma per il resto è notte fonda con il PD a distanza siderale dal centrodestra e che non sarà neanche il primo partito perché prima di lui e dei democratici arriverà quasi certamente la “nemica” Giorgia Meloni con Fratelli d’Italia.

Letta, che pure nella partita per il Quirinale era invece stato bravo e l’aveva giocata cento volte meglio di Salvini e del centrodestra, stavolta ha fatto di tutto e di più per perdere le elezioni, prima ha chiuso un accordo con Calenda, salvo poi farne un altro il giorno dopo con Bonelli e Fratoianni, e Calenda che a quel punto ha sconfessato il patto e si è accordato con Renzi per non dover raccogliere le firme che sarebbero state un’impresa impossibile per l’attuale leader del Terzo Polo. Il segretario dei democratici è riuscito in un solo colpo a spegnere in un solo colpo le speranze di allargare la sua coalizione e per di più ha rafforzato l’odiato Matteo, che gli ha regalato così uno sfottente “stai sereno bis”. Letta ha imbarcato persino l’inutile Di Maio, che non ha più neanche il voto della nonna e che ha strappato la possibilità di tornare in Parlamento con un seggio stavolta targato PD, lo stesso partito che Giggino definiva “il partito di Bibbiano”. Un capolavoro di masochismo.

E poi è iniziata la campagna elettorale nelle piazze, nei salotti e sui giornali e nelle tv, dove Letta parla ancora di fascismo (che è morto 80 anni fa se non se ne fosse accorto), Russia (che poi si scopre non aver pagato i partiti italiani), le solite inutili polemiche e un delirante condensato di “Al lupo, al lupo”, che rianimano persino Salvini, un altro che vincerà le elezioni con il centrodestra ma è stato ormai asfaltato dalla Meloni. E ovviamente non manca l’invocazione ai fantasmi dell’Europa, con il monologo in tre lingue contro la Meloni, descritta come la Marine Le Pen italiana, una lotta che insomma Letta combatte non sui contenuti ma sull’invocazione dell’Apocalisse se vinceranno gli altri.

Il centrodestra ha fallito esattamente con il centrosinistra in tutti questi anni e su questo non ci piove ma l’intellettualoide Letta che inneggia al “se vinciamo stavolta andiamo noi a governare”, si è reso conto che il PD ha vinto le sue ultime elezioni politiche nel 2006 con Prodi e che da allora ad oggi il PD ha governato sempre e comunque, con una serie infinita di esecutivi di palazzo?

Letta è riuscito nella straordinaria impresa di rianimare Giuseppe Conte e il Movimento Cinque Stelle, andando ad uno strappo che ha reso il suo campo largo un isolato pianto greco e che ha, invece, rimesso in carreggiata i grillini. Lo schiaffo finale lo ha dato proprio Conte, rompendo il patto politico in Sicilia con una mossa intelligente che ha consegnato il PD ad una sconfitta da tsunami. Il M5S in Sicilia non vincerà ma i consensi li sta recuperando ed è tornato a riempire le piazze.

Morale della favola: Conte dal 26 settembre sarà uno dei protagonisti all’opposizione, Letta andrà a casa, sarà cacciato e costretto alle dimissioni dalla segreteria del PD (con il successore che arriverà forse da Bologna). Enrico Sventura prepara le valigie. Vittima di una campagna elettorale da zero assoluto e della sua presunzione.

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