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Da Briguglio a De Luca: a Taormina, dopo 14 anni, torna l’urlo del Piave

TAORMINA – Sono passati 14 anni esatti da quando nel 2008 Carmelo Briguglio tentò la candidatura a sindaco di Taormina. In quella campagna elettorale vennero a Taormina, a sostenere la corsa dell’allora deputato nazionale, i big nazionali del PDL, gli allora ministri Ignazio La Russa e Giorgia Meloni, il sottosegretario Adolfo Urso e poi anche Gianfranco Fini, che a quel tempo sembrava lanciato verso la successione a Silvio Berlusconi.

Dall’altra parte, però, si coalizzò un ampio fronte che sosteneva la candidatura a sindaco di Mauro Passalacqua e fu una campagna elettorale a dir poco spigolosa, in cui prevalse alle urne, con ampio margine, proprio l’ampia coalizione guidata dall’allora primario del Pronto Soccorso di Taormina. Quell’Amministrazione eletta con voto plebiscitario si inabisserà poi tra tante tensioni che porteranno allo strappo finale della messa in liquidazione di Asm e con Passalacqua che, deluso e tradito dai suoi stessi alleati, deciderà nel 2013 di non ricandidarsi.

Il filo conduttore di quella campagna elettorale era stato il tema della taorminesità, e il fronte che sosteneva la candidatura di Passalacqua, per sbarrare la strada a Briguglio decise nella circostanza di coniare il motto “Taormina ai taorminesi”. Addirittura il “caso Taormina” finì sulle prime pagine dei quotidiani nazionali, con il Corriere della Sera che scrisse di Taormina, capitale del turismo straniero, dove risuonava l’inno del Piave, e la parola d’ordine era: “Non passa lo straniero “.

Quattordici dopo Taormina riavvolge il nastro e si prospetta lo stesso leitmotiv. Stavolta in campo non c’è Carmelo Briguglio da Furci, la minaccia da disinnescare si chiama Cateno De Luca da Fiumedinisi. Da una parte lo “straniero”, dall’altra le barricate per il Santo Graal della taorminesità. Ma, al netto dei discorsi di campanile e delle posizioni che poi chiunque assumerà, andrà davvero in scena uno scontro per la taorminesità o si tratta di una contesa che – oggi come allora – affonda piuttosto le radici nell’inconfessabile errore allo stato puro che comincia a pervadere la politica taorminese, che non ci sta a farsi disarcionare e non vuole perdere i comodi posti di comando del palazzo (con tutti gli annessi e connessi)?

Bisognerebbe intanto capire quanti taorminesi puro sangue sono rimasti in città e se nel 2022, di fronte ad un mondo globale, abbia ancora un senso fare questi discorsi o piuttosto impostare il ragionamento sul sì o no a De Luca su altre basi. Ne riparleremo in altri momenti, sperando che in ogni caso il confronto possa avvenire sui contenuti e le proposte, con la capacità di avere un livello mediamente alto, senza mandare in scena la solita sagra paesana, con quella mentalità borgatara e provincialotta che al di là delle vicende politiche è la reale zavorra della bellissima Taormina e non le consente di svoltare.

Di certo è fatto inequivocabile che lo “straniero” De Luca arriva qui al crepuscolo di una stagione politica che a Taormina ha partorito il dissesto finanziario, 66 milioni di debiti, 30 milioni di tributi non riscossi, una valanga di situazioni in cui Taormina è stata depredata di tutto e di più, con una selva di soggetti che da fuori sono arrivati e, tra una speculazione e una lavatrice, hanno fatto indisturbati quello che ca**o hanno voluto. Una lunga serie di espropri economici, sociali e morali, appuntamenti falliti e minchiate colossali hanno tarpato le ali ad una città meravigliosa che aveva e ha delle potenzialità straordinarie. Una Ferrari che però viaggia alla velocità di una 500.

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