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Caso Orlandi, “E’ stato lui, quella volta in Vaticano…”

Spunta una nuova pista nel mistero infinito che riguarda la scomparsa di Emanuela Orlandi, un giallo che va avanti da 40 anni tra tante ipotesi e nessuna certezza. A svelare le novità è il giornalista Pino Nicotri, su BlitzQuotidiano, da sempre attento cronista di questa vicenda.

“Quando il 7 luglio sono stato interrogato dal Procuratore di Giustizia del Vaticano, Alessandro Diddi, ho suggerito una ben precisa pista. Nel suo libro Atto di dolore, edito nel 2016, Tommaso Nelli cita, senza farne il nome, quanto raccontatogli da una ex compagna di scuola di Emanuela. Vale a dire, che un “alto prelato” aveva molestato Emanuela. L’episodio è stato citato anche nelle miniserie Vatican Girl, trasmessa da Netflix lo scorso ottobre, mantenendo l’anonimato della ex compagna di scuola. Di recente l’asserito alto prelato viene definito “vicino al Papa”. Ho saputo che chi “ci ha provato” con Emanuela nei giardini vaticani non solo non è “un prelato vicino al Papa”, ma non è neppure un prelato non vicino al Papa né un semplice sacerdote. Si tratta invece di un laico, all’epoca dipendente del Vaticano e abitante in Vaticano”.

L’uomo, di cui Nicotri fa anche nome e cognome, tale Pietro M., “è affetto da problemi di dipendenza dall’alcol, era l’allora responsabile degli impianti elettrici del Vaticano. Ed era il padre di un coetaneo e compagno di liceo di Emanuela, della quale era molto amico, anzi l’amico più importante oltre che innamorato cotto”. Il ragazzo di comportava con lei appunto come un buon amico e un sicuro confidente. Riservato, intelligente, un po’ timido. Senza inflessioni dialettali (il “pariolino” di cui ha parlato Mario Meneguzzi dopo averne ricevuto una telefonata?), e anzi corretto se non forbito nel linguaggio”.

“Se Emanuela era stata fatta oggetto di molestie lo ha sicuramente raccontato a Pierluigi. Al quale ha sicuramente raccontato anche di eventuali altre attenzioni eccessive da parte di “un adulto a lei molto vicino”, come il magistrato Domenico Sica ha definito almeno in conversazioni private con colleghi l’uomo della cui esistenza e responsabilità nella scomparsa di Emanuela era più che convinto. Sica è il magistrato che un mese dopo la scomparsa di Emanuela è diventato il responsabile delle indagini”.

Emergono ulteriori dettagli su questa famiglia con cui aveva a che fare la ragazza: “Abitavano vicino alla farmacia vaticana, ma più verso i giardini, in fondo a via della Posta. Lei era quasi tutti i pomeriggi a casa di Pierluigi, anche per studiare perché erano in classi diverse ma solo per la sezione. Oppure si trovavano sotto la casa di lui nel cortile/piazzale e sul suo comodo muretto perimetrale. Il padre di Pierluigi aveva avuto quindi sicuramente modo di notare bene Emanuela”.

“Le molestie di Pietro M., che per il suo lavoro disponeva di un furgoncino, non erano rimaste un segreto non solo per la compagna di scuola. Infatti verso le 13 del 23 giugno, cioè del giorno immediatamente successivo alla scomparsa di Emanuela, mentre era col suo furgoncino al varco di Porta S. Anna il papà di Pierluigi venne bloccato da don Aron, un sacerdote agostiniano con la passione della pittura, che creando uno scompiglio si mise a urlare arrabbiatissimo: “Scendi, scendi! Tu, non hai nulla da confessare? Eh, sicuro di non avere nulla da confessare?! Scendi, maledetto, scendi!”. Solo l’accorrere del personale della gendarmeria vaticana mise fine all’alterco, sciogliendo il capannello di curiosi fermatisi ad assistere alla scena permise a M. di allontanarsi col suo furgone. Ai gendarmi che gli chiedevano cosa fosse successo don Aron prima di andar via e senza aggiungere altro ha risposto sconsolato: “Quella stupida si è fatta fregare!”.

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