HomeAperturaCaso Orlandi, accusa choc del fratello al Vaticano

Caso Orlandi, accusa choc del fratello al Vaticano

Nuovo, durissimo, attacco di Pietro Orlandi sull’irrisolta vicenda della sorella, Emanuela, scomparsa nel 1983 e da allora mai più ritrovata. Sulla sorte della 15enne cittadina vaticana la Santa Sede ha comunicato il 9 gennaio scorso di aver aperto un’indagine, esattamente 10 giorni dopo la morte di Papa Ratzinger (avvenuta il 31 dicembre 2022).

Ma, nonostante questa decisione che aveva fatto presupporre un’apertura da parte della Chiesa verso la risoluzione del caso, sinora non c’è invece alcuna collaborazione del Vaticano nei confronti della famiglia di Emanuela Orlandi. “Verrete convocati a fine indagine”: questa, in estrema sintesi, la comunicazione via mail fornita all’avvocato di Pietro Orlandi, Laura Sgrò. Una missiva spedita dalla procura della Santa Sede e che ha mandato su tutte le furie la famiglia Orlandi e il loro legale. “Il Vaticano non mi permette di portare prove decisive sulla sparizione di mia sorella”, è lo sfogo di Pietro Orlandi.

“Speravamo di essere convocati prima, perché come abbiamo già detto, abbiamo delle prove che volevamo consegnare loro affinché potessero servirsene per attivarsi – ha spiegato a Fanpage l’avvocata della famiglia Orlandi Laura Sgro – Ma alla nostra ennesima richiesta di un incontro, hanno risposto inviandoci due righe da parte della segreteria dell’ufficio del promotore: dicono che ci contatteranno al termine delle indagini delegate”.

“Noi non abbiamo ancora avuto un solo contatto diretto, umano, da quando sono state aperte le indagini – continua l’avvocata Sgro – L’augurio è che possano lavorare altrettanto bene, senza aver bisogno di noi. Personalmente, avrei convocato subito almeno Pietro Orlandi: la memoria storica di tutta la vicenda non può che essere lui, che è in grado di fornire informazioni importanti, oltre a poter dare il proprio contributo nella ricerca di documentazione datata. Una vicenda del genere, che patisce da 40 anni dolori immensi forse meritava anche un’attenzione umana che in casi del genere non è mai secondaria”.

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