TAORMINA – Un incidente con una carovana di 18 ciclisti che viene investita, 7 feriti di cui uno in condizioni critiche e lo choc anche per il conducente dell’auto che li ha investiti, che era guidata da una persona di 74 anni. E’ il bilancio di quanto accaduto domenica mattina in Via Garipoli ma soprattutto è abbastanza per capire che è arrivato il momento di prendere una decisione coraggiosa ed è l’unica da possibile per salvare la vita ai ciclisti e a chi viaggia sulle strade principali della città in macchina, piuttosto che in moto o su un mezzo pesante o magari uno scooter.
Taormina non è fatta per il ciclismo amatoriale. Non è pensabile che si consenta di far transitare i ciclisti lungo la Via Garipoli, come nemmeno sulla Via Pirandello. E’ arrivato il momento di dire stop, nell’interesse generale e a salvaguardia dell’incolumità di tutti, non sull’onda emozionale di quanto accaduto nelle scorse ore ma per una logica di buon senso e nell’ovvia constatazione che non si può far passare i ciclisti dalle strade dove si sviluppa il traffico veicolare che evidentemente non va d’accordo con le biciclette. Appare opportuna l’assunzione di un’ordinanza che disponga il divieto assoluto di percorrenza delle strade ad elevato flusso veicolare come la Via Garipoli e la Via Pirandello, o come anche la Via Crocefisso e ci verrebbe anche da aggiungere la strada litoranea, la statale 114. Il ciclismo amatoriale è una cosa bella, merita rispetto e considerazione come tutti gli sport, va fatto però nei percorsi idonei e sicuri che non possono più essere queste strade soggette ad alta densità di mezzi e del tutto prive di una corsia dedicata alle biciclette. La sicurezza non è un optional e non ammette punti di vista.
Qualche settimana fa ha perso la vita un ciclista di 60 anni dell’etneo, nella discesa da Madonna della Rocca verso Taormina centro, ma in quel caso – precisiamolo subito – purtroppo è stata una tragica fatalità senza alcuno scontro con altri mezzi. Commuove, tuttavia, e fa una certa impressione vedere uno striscione che ricorda la sfortunata vittima di quel dramma, con un invito rivolto dai suoi amici alla prudenza, un monito a chiunque si trova a viaggiare in discesa, sulla Sp10 come in ogni altra strada.
E allora non c’è molto da dire, non c’è molto da aggiungere. Non basta il divieto che riguarda il Corso Umberto e l’obbligo di passare dal “salotto” comunale con la bici in spalla. E’ il tempo di rivedere la situazione, andando oltre il perimetro di Corso Umberto, agire in modo assai più esteso per salvare delle vite umane. Vale per un qualsiasi ciclista che rischia di finire contro una macchina, e vale per un qualsiasi conducente di una macchina che in pochi istanti rischia di decretare la morte di qualche ciclista. Da entrambe le prospettive, la sintesi che ne viene fuori è chiarissima: così non si può andare avanti. Non vogliamo neanche pensare a cosa poteva succedere ieri mattina, all’idea che poteva andare molto peggio. Non bisogna neanche esitare e trincerarsi nel fatalismo per aspettare che accada di nuovo e ritrovarci poi a fare i soliti inutili discorsi del giorno dopo. Prevenire è meglio che curare, ed è ancora meglio che aspettare che presto o tardi ci scappi il morto.