Continua a tenere banco in Italia e in Europa il destino incerto dell’automotive. La Commissione europea ha presentato lo scorso 5 marzo il Piano d’azione per l’industria automotive UE. Il Piano è stato preceduto dall’annuncio, da parte della Presidente Ursula Von der Leyen, di una maggiore flessibilità sul raggiungimento degli impegni, per evitare eccessive sanzioni per i costruttori in ritardo sugli obiettivi 2025 del regolamento sugli standard.
La proposta europea, se adottata, stabilisce che “la conformità agli obiettivi venga valutata complessivamente sugli anni 2025, 2026 e 2027, permettendo ai produttori di automobili di compensare il superamento dell’obiettivo in uno o due di questi anni con risultati superiori negli altri anni”. La proposta non modifica, insomma, gli obiettivi di riduzione delle emissioni e questa linea d’indirizzo potrebbe influire sulle strategie di mercato dei produttori già nel corso dell’anno, riducendo le vendite di veicoli elettrici a basse e zero emissioni, con potenziali effetti negativi sulle emissioni complessive del settore dei trasporti dell’Unione. La flessibilità proposta da Bruxelles potrebbe non bastare per dare un nuovo impulso al comparto e la strada verso una piena elettrificazione della mobilità rimane molto complicata e poco gradita dal pubblico.
Sulle prospettive per l’automotive ai microfoni di TN24 l’imprenditore Gino Cundari, amministratore del Gruppo Cundari, una delle realtà leader in Italia nel settore (con sede a Taormina e punti vendita anche a Messina, Catania e Giarre). La storica azienda Cundari (in attività dal lontano 1933), oggi con la sapiente gestione di Gino Cundari, insieme al fratello Paolo e alla sorella Cinzia, si sta confermando un’apprezzata presenza di avanguardia nella filiera automobilistica, modello virtuoso in Sicilia e nel Mezzogiorno, ma osserva con attenzione gli sviluppi della concertazione internazionale sulla produzione industriale e le linee guida che avranno inevitabili riflessi sui territori.
“Sino ad oggi – spiega Cundari a TN24 – sta prevalendo l’ideologia verso l’elettrico. Dico subito, in premessa, che non sono contrario all’elettrico, l’auto elettrica è un prodotto interessante in termini di guidabilità ma in questo contesto ci sono poi tante incognite. In particolare c’è una lievitazione dei prezzi verso l’alto e soprattutto pare che il pubblico non gradisca”.
L’Europa deve ripensare la strategia? “Sicuramente sì, forse c’è un’attività di lobby dei produttori dell’elettrico in campo internazionale. Oggi a chiare lettere sembra che ci sia una rivisitazione in atto sul pensiero riguardante l’elettrico. Tutti vogliamo salvaguardare il pianeta ma il pubblico non sta gradendo il percorso impostato, perché non ci sono le risposte adeguate rispetto a come vorrebbe”.
Poi il possibile impatto del “fattore Trump” sulla vicenda: “Trump è vicino a Musk, che è uno dei principali produttori dell’elettrico ma sostiene e anzi ha detto a chiare lettere che le procedure dell’elettrico verranno riviste. Sulla macchina elettrica c’è la problematica intanto della rete di ricarica ma anche la parte tecnica. Nei guasti diventa oneroso sostituire le batterie. E per produrre un’auto elettrica servono a monte dei prodotti costosi. E ovviamente c’è la questione dei dazi e vedremo come andrà a finire”.
Cundari non ha dubbi sulla possibile soluzione: “Una buonissima risposta è l’ibrido, che a mio avviso è la soluzione. Non abbandoni il termico del tutto e hai una parte di elettrico che serve ad abbassare le emissioni nocive per l’ambiente e per fronteggiare l’inquinamento globale. L’elettrico lo vedo bene nei centri storici, per quelle che sono le dinamiche e la tecnologia attuale. Se poi sull’elettrico si arriverà, ad esempio, a farlo ricaricare da solo, si apriranno altri scenari”.
“Serve una svolta – aggiunge l’amministratore del Gruppo Cundari – perché questo stato di cose non fa bene e la gente è confusa. Ascoltiamo annunci, situazioni di crisi e una serie di contingenze da attenzionare. Andrebbero coinvolti gli operatori. Siamo noi che abbiamo la vera interfaccia con il cliente. Il produttore magari subisce il legislatore, e nel legislatore c’è troppa ideologia e non riesce ad essere sereno nella strada da intraprendere. Ma così si frena lo sviluppo. Stiamo parlando di centinaia di migliaia di posti di lavoro a rischio”.