Ricorrono in queste ore i 40 anni dalla scomparsa di Eduardo De Filippo. Il 31 ottobre, del 1984 morì il drammaturgo, attore teatrale e regista napoletano che, con le sue opere, ha scritto pagine indelebile di storia della nostra cultura. Gli occhi di Eduardo erano gli occhi del Teatro e il suo cuore era quello di ognuno di noi, davanti al complesso proscenio della vita.
Un bellissimo ricordo di lui è stato proposto dal giornalista Bruno Marra: “Il teatro era la sua vita e il suo amore, l’unico che gli faceva battere veramente il cuore. ‘E continuerà a battere anche quando si sarà fermato’. Così parlava di se stesso Eduardo, finché quel cuore innamorato si è fermato il 31 ottobre del 1984. E da quel giorno ha continuato a palpitare, declinando la sua arte all’infinito. Quaranta anni fa ci ha lasciato una immensa eredità. Eduardo portava sul volto la nostra natura, la sofferenza indossata con dignità, la disperazione mascherata dal sorriso, la nostra filosofia dal respiro universale, ironica, amara, impietosa ed eterna. Oggi si commuoverebbe rivedendo la sua ‘Napoli Milionaria’ che lui ha impreziosito con ricchezza umana, culturale, storica ed emotiva. E’ stato un Genio. Il più grande cha abbiamo avuto. Come quel cuore che da 40 anni non si è mai fermato”.
Ma la storia di De Filippo è passata anche a Taormina e la storia l’ha scritta, da grande protagonista, anche nella Perla dello Ionio. “E’ stata tutta una vita di sacrifici e di gelo! Così si fa il teatro. Così ho fatto! Ma il cuore ha tremato sempre tutte le sere!”, disse De Filippo, al XXX Convegno dell’Istituto del Dramma italiano a Taormina, 15 settembre 1984, poche settimane prima della sua scomparsa.
E a Taormina, al Teatro Antico, De Filippo pronunciò il suo ultimo discorso, parole meravigliose che rappresentano idealmente il testamento del drammaturgo: “Voi sapete che io ho la nomina (non di senatore, per carità) di essere un orso. Ho un carattere spinoso, che sfuggo… sono sfuggente. Non è vero. Se io non fossi stato sfuggente, se non fossi stato un orso, se non fossi stato uno che si mette da parte, non avrei potuto scrivere cinquantacinque commedie”. Così, in un sol colpo, cancellò il mito del “cattivo Eduardo”. E infine: “Insisto col dire: il Teatro, se lo si vuol fare seriamente, è altruistico non egoistico”. “Anche stasera continua a battere il cuore e continuerà a battere, anche quando si sarà fermato”. Le ultime parole, poi una standing ovation per questo grande artista. Un applauso che continua ancora oggi e che non finirà mai.