La prostata è una ghiandola dell’apparato genitale maschile che ha il compito di produrre e immagazzinare il liquido seminale. Si trova sotto la vescica e davanti al retto, dal quale dista pochi millimetri. Il tumore della prostata è il cancro più diffuso nella popolazione maschile in Italia e rappresenta il 18,5% di tutti i tumori diagnosticati nell’uomo. Nonostante l’incidenza elevata, il rischio che la malattia abbia un esito infausto è basso, soprattutto se si interviene in tempo. La prognosi è sempre più incoraggiante: confrontando i dati del 2020 con quelli del 2015, la riduzione del tasso di mortalità è del 15,6%. Uno dei principali fattori di rischio è l’età.
Le possibilità di ammalarsi sono scarse prima dei 40 anni ma aumentano notevolmente dopo i 50 anni e ancora di più dopo. Circa due tumori su tre sono diagnosticati in persone con più di 65 anni. Un altro fattore da non trascurare è la familiarità, come in molti tipi di tumore. Il rischio di ammalarsi è pari al doppio per chi ha un parente consanguineo, come il papà o un fratello, con la stessa patologia. Il tumore della prostata è uno dei temi affrontati da Aldo Bocciardi, direttore del reparto di urologia dell’Ospedale Niguarda di Milano, intervistato da Marco Klinger, per Medicina Top, format tv dell’agenzia di stampa Italpress.
“Non è un tumore particolarmente aggressivo, mediamente parlando: la mortalità è scesa notevolmente ma soprattutto è migliorata la qualità di vita”, ha spiegato Bocciardi.
Quali cambiamenti ha portato l’impiego del robot nella chirurgia della prostata? “Il robot ha dato qualcosa di nuovo per tutte le chirurgie – ha detto – ma in particolare per la chirurgia urologica. Non è il futuro ma il presente e ha dato vantaggi in termini di benessere per i pazienti che sono indiscutibili e irrinunciabili”. Tra le altre cose, ha sottolineato, “in termini di salute ha ridotto la lunghezza del ricovero. In particolare sui risultati funzionali dell’intervento per il carcinoma prostatico è stata una rivoluzione perchè si è passati da otto giorni e mezzo in media di ricovero a due giorni”.
Per Bocciardi “la chiave di lettura va vista nella diagnosi precoce. Sulla prevenzione – ha continuato – c’è poco da dire: il cancro della prostata è una malattia asintomatica per cui è fondamentale che si faccia il Psa, l’esame del sangue tutti gli anni”. Per quanto riguarda il valore, “ognuno può avere un suo Psa più o meno basso o alto. Se c’è una crescita costante – ha proseguito – si fa un esame specifico, che è una risonanza magnetica particolare, poi si procede con una biopsia mirata”.
Come cambia la qualità della vita di un sessantenne dopo l’intervento? “Per un sessantenne alcune volte la qualità della vita è migliore”, ha evidenziato. “La qualità di vita – ha aggiunto – per un sessantenne è ottimale. Per esempio un paziente dopo sette giorni dall’intervento è andato al matrimonio della figlia, una cosa che era impensabile venti anni fa”. Quali miglioramenti potrebbero esserci in futuro nella terapia della prostata? “Una diagnosi più precoce possibile”, ha affermato Bocciardi. “Ci sarà sicuramente – ha aggiunto – un miglioramento della diagnosi istologica e spero in futuro la possibilità di fare terapie focali e quindi localizzare esattamente il tumore all’interno della prostata”.