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Tributi non pagati: a Taormina il Comune si sveglia ma manda al fallimento gli hotel

TAORMINA – Abbiamo detto e scritto una vagonata di volte che a Taormina, da un ventennio a questa parte, i tributi li pagano soltanto i fessi (noi tra questi) e nel dissesto finanziario del Comune c’è la firma in calce di un’intera stagione di amministratori liquidi che hanno portato l’ente a non riscuotere 30 milioni di tasse, sono arrivati baldanti alla meta del default e hanno incassato lo schiaffo della Corte dei Conti per l’inerzia di un ente che non ha mosso un dito per invertire la tendenza.

E allora eccolo il risveglio del Comune di Taormina, che all’alba della stagione turistica prova a ribaltare la storia. Alla fine del 2021 c’era stato “l’affidamento in concessione del servizio di riscossione coattiva delle somme Imu, Tari, Icp, iscritte a ruolo ed a rischio prescrizione”. Una società di recupero crediti è stata allora incaricata con riferimento ad un volume di circa 6 milioni di euro: in sostanza si parla dell’Imu emessa nel 2018 e 2019, relativamente ad anni d’imposta che vanno dal 2012 al 2017 per un importo complessivo di 5 milioni 740 mila euro, c’è la Tari emessa nel 2018-2019, per gli anni d’imposta 2015-2016-2017 per un importo complessivo di 321 mila 993 euro e poi 57 mila 660 euro di imposta sulla pubblicità (Icp) emessa nel 2018-2019, per gli anni d’imposta dal 2014 al 2018.

Bene, benissimo, finalmente si cambia registro, si volta pagina e per una volta c’è da complimentarsi con un sussulto di lungimiranza della casa municipale. Eccola la sterzata tanto attesa. Anzi no, il plauso lo dobbiamo “congelare”, perché andando a vedere con maggiore attenzione la situazione scopriamo che la cura rischia di diventare peggio del male.

La società incaricata ha dato avvio alle procedure di riscossione coattiva delle somme iscritte a ruolo (e a rischio di prescrizione) e sin qui nulla da eccepire perché le ditte che operano in questo ambito fanno il loro mestiere senza divagazioni sul tema. Come detto, il pregresso va pagato – senza se e senza ma – e le prescrizioni vanno impedite. Il problema è che qui sono partite notifiche in cui si chiede il pagamento di somme sino a sei cifre tutto entro 60 giorni. In caso contrario scatterà l’ipoteca sugli immobili. Scommettiamo che si dirà che “il Comune non è al corrente che siano stati previsti tempi così stretti”? E magari ci diranno che c’è da scongiurare il danno erariale: peccato che nel frattempo il Comune sia già finito al dissesto perché intere Amministrazioni hanno dormito (o fatto finta di dormire) di fronte all’accumularsi di 30 milioni di euro di tasse non riscosse.

E’ lapalissiano che chi negli anni non ha pagato ha sbagliato, e ora arriva inesorabile il conto. Ma l’altra faccia della medaglia racconta che gli alberghi non hanno lavorato negli ultimi due anni a cause dalla pandemia e forse ricominceranno a fare fatturato a partire da da questa stagione. Pretendere il pagamento pregresso sino all’ultimo centesimo entro 60 giorni significa dare l’estrema unzione a questi alberghi e spingerli al fallimento. Siamo certi che sia la strada giusta da seguire?

La quasi certezza è che le proprietà, invece, non potranno mai pagare in due mesi quello che non hanno pagato per 10 anni e, al crepuscolo (forse) di un biennio di pandemia, non avranno la liquidità per salvarsi in calcio d’angolo. Di conseguenza andranno a casa dei lavoratori e delle famiglie rimarranno senza un salario. Vale la pena forzare la mano in questi termini?

Nello specifico c’è anche di mezzo qualche albergo (che per ovvie ragioni di privacy non citiamo) dove lavorano 50 dipendenti. Aggiungiamoci che a Taormina ormai gli hotel con una proprietà che non appartenga a multinazionali, fondi e stranieri vari, si contano sulle dite di una mano: siamo certi che convenga spingere altre strutture ricettive tra le mani dei “corsari” ai quali di Taormina non importa un fico secco e la considerano poi solo una bandierina?

Sul caso è già scattata la protesta dell’Associazione Albergatori Taormina. “Proprio nel momento in cui sta per partire la stagione turistica e dopo due anni di inattività per la pandemia – spiega il presidente dell’Associazione Albergatori Taormina, Gerardo Schuler – sono arrivate alcune notifiche, da parte della società di recupero crediti incaricata dal Comune, che ai nostri soci concede 60 giorni di tempo, a partire dalla notifica dell’atto, per pagare delle somme a sei cifre. E’ una mazzata che rischia di avere gravi conseguenze sul comparto alberghiero. Sia chiaro che gli albergatori vogliono adempiere al loro dovere, mettersi in regola e pagare ma non può essere questo il momento per saldare le pendenze dopo due anni di fatturato zero per via del Covid. Il Comune non aiuta le aziende e così rischia di farle chiudere. Se chiude un albergo, non solo fallisce la proprietà ma si perdono dei posti di lavoro e qui è a rischio anche qualche struttura che ha più di 50 dipendenti. Qualcuno per un periodo non ha pagato ma ritrovarsi con 60 giorni di tempo per pagare cifre pesanti e doverle pagare dopo lo tsunami Covid è come chiedere a una persona di scalare l’Everest a mani nude. Parliamo di casi in cui si sta andando incontro ad annunci di iscrizione di ipoteca legale. Per questo siamo fortemente preoccupati, anche perché se accade una cosa del genere, poi l’imprenditore di turno non potrà neanche andare in banca a chiedere un aiuto”.

In definitiva: alle porte della stagione turistica c’è una “bomba” da disinnescare, garantendo al Comune di rientrare dei tributi non riscossi, com’è giusto e doveroso che sia, ma evitando di mandare al fallimento gli alberghi e di far finire in strada lavoratori e famiglie. Le responsabilità bisogna sempre prendersele tutte, tutti. Vale per quelli che non hanno pagato per troppi anni, vale per il Comune che ha fatto finta di non sapere per altrettanto tempo. La soluzione non può essere quella di passare dall’oggi al domani dallo status politico e amministrativo di “finti tonti” a rigorosi censori che salvano la patria. Anche un bambino di due anni capirebbe che la questione va risolta con il buon senso e con una via di mezzo che contemperi le rispettive legittime esigenze. L’ora è complicata, non è tempo di genialate e meno che mai di colpi di mano alla Giacomo Tafazzi.

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