HomeTurismo & LifestyleTN24 su HuffPost: "Taormina come Capri, le città che d’inverno non esistono"

TN24 su HuffPost: “Taormina come Capri, le città che d’inverno non esistono”

TAORMINA – Nuovo capitolo nell’eterna ed irrisolta questione del turismo che d’inverno non c’è a Taormina. Ne parla l’autorevole Huffington Post, con un interessante articolo della brava collega giornalista Silvia Renda, che cita TaorminaNews24 e richiama proprio un approfondimento del 21 gennaio scorso del nostro giornale, dal titolo “Turismo e lusso, Capri “avverte” Taormina: occhio alla commedia”.

Ad aprire le danze sul tema era stato, poche ore prima, l’HuffPost, sempre il 21 gennaio 2024, con la collega Renda, soffermandosi sulla problematica dell’isola di Capri che d’inverno è deserta, mentre nei mesi caldi è piena fino a scoppiare. Da lì la nostra analogia tra Capri e Taormina, le due regine del turismo del Sud, così diverse e così uguali. Entrambe invase dai turisti nella bella stagione e poi in letargo nei mesi successivi.

Renda, in piena sintonia, con la nostra analisi parla ora su HuffPost de “Le città che d’inverno non esistono. Taormina come Capri, in letargo dopo la bolgia estiva”. “Lusso e turismo da tempo hanno iniziato a trasformare la città, che nei mesi freddi appare deserta, tra negozi, hotel e ristoranti che chiudono i battenti. E le Amministrazioni faticano a trovare soluzioni”.

“Non andateci in inverno!”. Per un utente di Tripadvisor visitare Taormina nella stagione fredda – scrive HuffPost – è stato così traumatico che agli utenti della piattaforma ha voluto lasciare un imperativo, piuttosto che un consiglio. Non visitate la città, non ne vale la pena. “La grande maggioranza delle attività commerciali e turistiche sono chiuse: bar e ristoranti con tavoli e sedie incatenati, negozi dalla vetrina ricoperta di carta”, lamenta la turista, “I ristoranti, quei pochi aperti, non hanno pesce in quanto, data la scarsità di turisti, non lo comprano. Il pomeriggio e anche la sera si passeggia avanti e indietro per un corso Umberto che somiglia al deserto dei tartari. Nemmeno alla reception dell’hotel sanno indicarci un locale aperto per il dopocena”. La stagionalizzazione della Perla dello Ionio è una questione dibattuta da tempo, tra la sostanziale impotenza delle sue amministrazioni, ma anche qui il post-pandemia ha potenziato il fenomeno dell’overtourism, che stritola le capacità d’accoglienza d’estate e lascia il totale deserto d’inverno. Non solo non ci sono più i turisti, ma mancano anche i negozi, gli hotel, i ristoranti, ormai in mano alle grandi catene che chiudono i battenti a stagione finita. E anche a trovare taorminesi si fatica più di un tempo”.

“Il quotidiano Taorminanews24 – continua HuffPost – paragona la sua situazione a quella di un’altra piccola realtà considerata altrettanto spettacolare e attrattiva, la cui esistenza è stata trasformata negli anni da lusso e turismo. “Tra Capri e Taormina c’è un evidente punto di contatto: le grandi firme. I marchi con il portafogli pieno che arrivano, sbaragliano la concorrenza e si prendono la scena. A fine stagione turistica chiudono e arrivederci all’anno prossimo”, scrive il sito, “Il taorminese (e in verità ne sono rimasti in pochi) che oggi fa il leone sui social, fa la morale agli altri, critica, pontifica e parla di identità da difendere è lo stesso che nella realtà ha venduto le proprie attività e prima ancora ha svenduto l’anima della città”. Le abitazioni, racconta, sono diventate appartamenti, seconde case e b&b per gente venuta da fuori. E poi “gli hotel che un tempo appartenevano a proprietari del luogo sono finiti quasi tutti in mano alle catene internazionali e così anche e soprattutto i negozi che, uno dopo l’altro, stanno passando ai big spender stranieri del lusso. In questo momento sono in corso una serie di trattative destinate a stravolgere ulteriormente il quadro del tessuto economico locale. Morale della favola? A marzo-aprile si apre, a fine ottobre tanti saluti e ci rivediamo a Pasqua. A Taormina va in scena la solita litania dell’obiettivo destagionalizzazione. Una specie di ricerca del Sacro Graal”.

C’è la presenza sempre più significativa e caratterizzante degli alberghi, in particolare degli hotel a 5 stelle, il segmento del lusso che spinge la città in una precisa direzione e reclama una clientela alto-spendente. Al contempo avanzano in termini importanti le strutture ricettive extra alberghiere, il cui numero cresce in modo esponenziale ed è un fenomeno che amplia l’offerta al turista ma che ha anche posto l’esigenza ineludibile di regolamentare tale settore. E rimane il fattore x del “mordi e fuggi”. In una città che nel 2023 ha registrato Un milione e 380 mila presenze (pernottamenti nelle strutture alberghiere ed extralberghiere), a fronte di quel dato record si contano pure 2 milioni circa di visitatori che non soggiornano da nessuna parte e raggiungono Taormina solo per trascorrervi soltanto qualche ora. Una folla enorme, nemmeno stimabile in termini esatti ma solo approssimativi.

“Di soluzioni se ne sono pensate diverse – conclude HuffPost -, sino a passare persino dalla possibilità di un biglietto per contingentare gli ingressi. Lo scorso aprile, il precedente assessore al Turismo, Nicola Salerno, diceva: “È nostro dovere incominciare seriamente, ad analizzare un fenomeno che affligge molte città italiane, ossia l’overtourism. Il sovraffollamento turistico di una destinazione impatta notevolmente la qualità della vita dei residenti e causa inquinamento e degrado ambientale. Per contrastare questo fenomeno esiste soltanto un modo: il numero chiuso o comunque una prenotazione preventiva, nessuna discriminazione di un visitatore rispetto a un altro, ma una scelta obbligata per disciplinare i flussi turistici e migliorare l’esperienza di visita”. Salerno non è più assessore e il numero chiuso resta più facile a dirsi che a farsi, hanno dimostrato anche altre città che hanno vagliato l’ipotesi: probabilmente non si realizzerà mai. Per pensare alle folle estive c’è ancora tempo. Ora è inverno e a Taormina la maggioranza degli hotel, dei negozi e dei ristoranti sono chiusi, difficilmente si vedono turisti. Il letargo è ancora profondo”.

E allora la nostra riflessione finale: Taormina avrebbe tutto (o quasi) per fare turismo anche d’inverno, anche a differenza della bellissima Capri che ha dei limiti oggettivi in tal senso. Le potenzialità sono enormi e in larga parte inesplorate. Noi a quell’utente di Tripadvisor che ha scritto il post richiamato da HuffPost (in verità molto datato e che risale a 15 anni fa, 10 febbraio 2009), diciamo di tornare a Taormina anche d’inverno perché la città rimane meravigliosa e forse lo è a maggior ragione senza quella “massa” micidiale che la anima e pure la opprime ad agosto. Ma la verità, dobbiamo ammetterla, è che, al di là delle sceneggiate, a Taormina non si ha alcuna reale voglia di destagionalizzare. Per cambiare passo bisognerebbe prima cambiare mentalità e martellare quella attuale: scrollarsi di dosso il paesanismo che per assurdo soffoca le ambizioni di una capitale del turismo internazionale. Un vulnus di cui è perfetta rappresentazione plastica l’approccio del suo microcosmo social, Refugium Peccatorum 2.0 dell’arragliata indigena, dove tutti si professano esperti di tutto, anche se in verità molti non capiscono niente. Soprattutto pesa l’assenza di un dialogo costruttivo e sinergie vere tra le Istituzioni e la filiera delle forze economiche, quelli che poi investono, ci mettono i soldi e la faccia ogni giorno per accogliere i turisti. Non è una questione di aperture e chiusure degli hotel o dei negozi, e non saranno le eventuali aperture imposte (che non ci saranno) a ribaltare la prospettiva. La storia la cambiano la forza delle idee e il coraggio delle scelte, l’approccio nelle interlocuzioni, la lungimiranza o la pochezza nella programmazione. Taormina (come tutta la Sicilia) ha bisogno di un incremento dei voli d’inverno e dovrebbe ragionare con i tour operator. Farlo seriamente e ai massimi livelli, potenziando intanto i servizi e tirando fuori dalla polvere un patrimonio lasciato a marcire. Mettersi nelle condizioni di essere destinazione sostenibile ma, prima ancora, dimostrarsi interlocutori credibili. Ad oggi i segnali non sono positivi e la colpa non è semplicisticamente del commerciante o dell’albergatore che chiudono. Le responsabilità sono altre e, senza queste premesse, tutto il resto vale più o meno zero.

ARTICOLI CORRELATI

POTREBBE INTERESSARTI

SEGUICI SUI NOSTRI SOCIAL

35,880FansMi piace
14,200FollowerSegui
My Agile Privacy
Questo sito utilizza cookie tecnici e di profilazione. Cliccando su accetta si autorizzano tutti i cookie di profilazione. Cliccando su rifiuta o la X si rifiutano tutti i cookie di profilazione. Cliccando su personalizza è possibile selezionare quali cookie di profilazione attivare.