HomeHomeTasse e pass: a Taormina spopola il "fotti compagno" dello zio Aliprando

Tasse e pass: a Taormina spopola il “fotti compagno” dello zio Aliprando

TAORMINA – A Taormina ormai da un pezzo il cittadino fa da sé e le regole le ha messe in tasca prediligendo la logica anarchica dell’autogestione. Esistono quelli che si comportano in modo inappuntabile ma c’è anche e soprattutto una larga maggioranza di furbacchioni che predicano bene e razzolano male. E’ storia nota quella dei 30 milioni di euro di tasse non pagate (di cui 10 milioni soltanto per le bollette dell’acqua) e qualche giorno fa c’è stato pure l’esito a sorpresa della querelle giudiziaria sull’imposta di soggiorno, con un’indagine che aveva accertato 400 mila euro non versate al Comune e poi tutti assolti senza neanche andare a giudizio perché, di fatto, una norma del governo Conte ha sgonfiato tutto, per lo Stato la materia non e’ più reato e si è ridotta alla pena massima di una sanzione amministrativa.

Il fatto è che a Taormina, in questo frenetico dopo-pandemia, se ne scopre ogni giorno una nuova, anche se in verità si tratta di vecchie “furbate” che per parecchio tempo, da più parti, si è fatto finta di non vedere, con alcune forme di irregolarità che sono state tollerate sino a diventare parte integrante della vita quotidiana taorminese.

Qualche esempio tanto banale quanto impietoso, giusto per rendere l’idea: un numero impressionante di pass turistici (giustamente ora ritirati tutti) venivano fotocopiati e poi messi in circolazione da alcuni operatori per le auto dei turisti delle strutture ricettive (mentre i taorminesi erano costretti a fare giri infiniti per trovare un posto); e poi c’è ancora una marea di pass per disabili che in realtà non hanno più titolo di esistere e di restare in giro perché riguardanti un disabile già defunto e invece qualcuno si è appropriato di quel permesso e continua ad utilizzarlo. O magari il disabile vive ancora ma quel pass lo ha sfruttato in realtà un altro parente per farsi i comodi propri e parcheggiare comodamente davanti casa. E poi c’è chi si mette il vaso davanti alla sua abitazione per assegnarsi da sé il posto auto; e c’è chi si è fatto l’abusivismo edilizio o ha utilizzato più del suolo pubblico che gli è stato assegnato perché tanto sa che in una città rimasta con quattro vigili urbani, e senza personale negli uffici comunali, sarà difficile beccarlo.

Per non parlare dei contratti del comparto turistico, applicati da qualche azienda ai lavoratori stagionali, invitati a fare il doppio delle ore di lavoro effettive rispetto a quelle riportate nel contratto: e se ti piace è così, senno stai a casa e sei fuori e – al netto del Reddito di cittadinanza – ci saranno altri 10 malcapitati pronti ad accettare.

C’è di tutto e di più, come direbbero ad Oxford è un gran bordello e si potrebbe andare oltre e continuare con un lungo elenco. Colpe ne ha e pure tante la politica che ha tollerato una valanga di porcherie per troppi anni e le ha pure assecondate ma questo è un altro capitolo: in questo caso il problema è la doppia faccia di una comunità che ha una straordinaria abilità nel fare la morale agli altri ma poi si dimentica di guardare in casa propria, non fa autocritica e dovrebbe dare il buon esempio prima di pretenderlo da Tizio e Caio.

Non serve a niente l’esercizio del moralismo di comodo, intriso di veleno e perbenisimo edulcorato, che alcuni vanno puntualmente a fare come un rito di purificazione sui social, mentre sotto il tappeto di chi si erge a fustigatore c’è un quintale di polvere.

Nella trinità ontologica taorminese il ruolo della coscienza è stato declassato a puro optional. Nudi alla meta si va avanti all’insegna del “fotti compagno”, gioco di società al quale si sono iscritti, più o meno a vario titolo.

Ricordate Enrico Maria Salerno nel ruolo dello zio Aliprando Siraghi? Interpretava un finto paralitico che mandava i tre (finti) nipoti a fare i furtarelli, spronandoli ad “applicarsi con metodo ed abnegazione”, parlava di “divisione in parti uguali del fatturato” e precisava però “il 50% andrà solo a me e il 50% lo dividerete in tre”. E alla fine si indignava di brutto se gli urlavano “ma lei è un ladro”. Qui accade che c’è chi sventola la bandiera della legalità e poi si scopre che non ha pagato le bollette, non ha versato l’imposta di soggiorno, o magari si è fotocopiato un paio di pass, oppure si è fatto una veranda abusiva.

La Taormina operaia e impeccabile di un tempo, dove ognuno faceva la propria parte, nell’alveo della correttezza, si faceva squadra senza desiderare sventure e disgrazie del vicino di casa, sembra aver (s)venduto l’anima ad un popolo che sconosce la voglia di aiutarsi e rispettarsi. Ci si è immersi mani e piedi nella comoda dimensione del “me ne fotto delle regole”, “voglio tutto e me lo prendo”. A qualsiasi costo, in barba alla tanto decantata cultura della legalità e con tanti saluti al prossimo.

Al tramonto del biennio tremendo dell’emergenza Covid, Taormina ora può e deve rilanciarsi e c’è già tanta gente che è tornata e che arriverà. Le premesse per risalire la china ci sono tutte (o quasi). Ma che senso ha parlare di rilancio turistico, riscossa sociale e remuntada economica di Taormina se poi ognuno si ostina a pensare di fare a modo proprio e ragiona nel perimetro ristretto del suo orticello?

Occorre darsi una regolata e tirare il freno: la crisi è micidiale ma il modo di superarla non è quello del “fai da te” e dello sbattarsene di regole e doveri. A Taormina si deve mettere da parte l’inclinazione al “fotti compagno” del piccolo privilegio individuale e consentire, invece, alla città di trarre grandi vantaggi per la comunità: tutti e non solo alcuni. Altrimenti si farà solo il gioco idiotissimo del consegnare ai pirati quel poco di territorio che è rimasto. E i pirati – per chi non l’avesse capito – se ne fregano di Taormina e la considerano una bandierina e nulla di più.

Nella bolla crepuscolare in cui ci si illude vita natural durante di esistere a Taormina, l’orologio chiama un cambio di registro. Finiamola di considerarci “l’isola di noi stessi”. Piaccia o non piaccia, se davvero si vuole rimettere in navigazione la barca, è tempo di allargare il campo e ragionare d’insieme. Egoismi, veleni e paesanismi vari appartengono ormai ad una stagione medievale.

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