TAORMINA – Cateno De Luca in pochi giorni ha annunciato due decisioni importanti: rinuncia alla candidatura alla presidenza della Regione Siciliana e dice no alla ricandidatura a sindaco di Messina. La prudenza è d’obbligo perché se poi la sinistra dovesse mai convertirsi domani mattina al “Catenismo” e fargli una “serenata” in extremis o se poi dopo-domani il centrodestra dovesse venire ad accordi e magari spianargli la strada ad un ritorno nella Città dello Stretto, tutto potrebbe cambiare in 10 minuti. La storia dei “se” e i “ma” è un’altra e allora rimaniamo all’attualità.
Niente candidatura a Palermo significa, e lo abbiamo detto e scritto, che De Luca – anche qui a meno di altri ripensamenti in corsa – non si dimetterà in largo anticipo sulla scadenza naturale del suo mandato di sindaco di Taormina. Avrebbe lasciato Taormina un anno prima delle Regionali, non per obbligo ma per sua scelta, se ci fossero state le condizioni per la corsa alla presidenza di Palazzo d’Orleans, che lo avrebbe impegnato in una lunga campagna elettorale. Venuti meno i presupposti per inseguire questo “sogno” di vecchia data, viene meno anche l’opportunità di consegnare in anticipo la fascia tricolore a Taormina.
A questo punto, al netto di cosa ne sarà di Sud chiama Nord, ci si chiede cosa farà da grande De Luca? Lui si dice disposto a fare il vicepresidente della Regione, nel frattempo, si apre pure un altro interrogativo. Non andando più davanti a sé la prospettiva di fare il sindaco di Sicilia, non è che De Luca prenderà in considerazione l’ipotesi di candidarsi nel 2028 per un secondo mandato di sindaco di Taormina?
In linea teorica potrebbe farlo, anche perché ha escluso di riproiettarsi su Messina: “Ricandidarmi a Messina? No. Sarebbe un passo indietro per me, ma non per Messina. Ho fatto una progressione nella mia carriera politica. Oggi l’unico ruolo che mi manca è quello di amministrare la Sicilia. Il sogno è di farlo da presidente, se non sarà possibile allora sono pronto a farlo anche da vicepresidente”.
Ma realisticamente l’orientamento di De Luca, era e rimane quello di non ricandidarsi a Taormina e la percentuale di un cambio di strategia sull’argomento ad oggi non va oltre l’1%. “Cinque anni, non un giorno in più”, è il mantra deluchiano già andato in scena a Fiumedinisi, Santa Teresa di Riva e Messina, che non concede repliche e non ambisce al bis. Così rimane quella l’idea sull’opportunità di una ricandidatura a Taormina, anche perché ritiene di avere chiuso la sua stagione nei palazzi municipali e delle candidature a sindaco. E probabilmente non lo appassiona più nemmeno l’impegno in questa legislatura taorminese. Il parlamentare ora vuole concentrarsi sul tentativo di riorganizzare Sud chiama Nord, anche perché dovrà caricarsi pure stavolta sulle sue spalle tutto l’onere della sfida di portare il movimento fuori dalla palude dell’isolamento politico. Una missione complicata per De Luca, sapendo che alle sue spalle c’è un vuoto cosmico, lo stesso che lo ha assecondato e accompagnato a fare una lunga serie di scelte rivelatesi sbagliate, da Monza alle Europee, passando per l’assenza prolungata da Taormina.
E allora De Luca proseguirà il suo mandato a Taormina ma non insegue il bis. Scateno guarda già oltre Taormina, preparerà la sua successione perché evidentemente ha intenzione di mantenere il governo della città ma portando al palazzo municipale, anche qui, un suo candidato e non ha intenzione di ricandidarsi lui.
Poi si vedrà cosa maturerà nelle trattative palermitane, si capirà se quel “no” a Messina è davvero definitivo o arriverà il colpo di teatro. E ci sarebbe pure un altro scenario proposto al sindaco di Taormina, che non si può affatto escludere. Quando avrà deciso cosa vorrà fare “da grande”…