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Monti attacca Meloni sulla sanità sfasciata dai suoi tagli

In Italia ci sono tante, troppe, cose che non vanno o che di certo potrebbero andare meglio. Di certo non si può dire che il nostro Paese non dia facoltà di esprimersi liberamente a tutti in una democrazia che è un bene da salvaguardare, anche se a volte questo sacrosanto diritto concede la parola anche a chi farebbe meglio a stare zitto per rispetto degli italiani. E’ il caso di Mario Monti, l’economista incaricato dalla Troika nel 2011 di fare il premier con la benedizione dell’allora Capo dello Stato, Giorgio Napolitano, e la cui azione di governo viene ancora adesso ricordata dalla gente come l’incubo di una politica sul modello “lacrime e sangue”, fatta di tagli, tagli e poi ancora tagli. Austerity su tutto e per tutti, tranne – ovviamente – che per le banche e le consorterie del potere.

E allora l’ex premier Monti, oggi nel ruolo di senatore a vita, pontifica e commenta anche ambiti in cui lamenta i danni di chi governa da tre mesi a questa parte, dimenticando i disastri prodotti a suo tempo dal suo governo (abusivo e voluto dai tecnocrati e mai legittimato dal voto popolare degli italiani). «Siamo pronti, come negli Usa, a eliminare il sistema sanitario nazionale? Questa potrebbe essere una conseguenza del gioco che, con questa legge di bilancio, si introduce. Non credo che la società italiana si senta pronta a questo»: con queste dichiarazioni Monti ha motivato il proprio voto di astensione sulla manovra di bilancio 2023 presentata dal governo di Giorgia Meloni. Il tempo dirà se Meloni potrà essere promossa o se dovrà essere bocciata pure lei. Certamente alcune cose non depongono a favore dell’attuale premier come la “furbata” fatta passare da Claudio Lotito per salvare i club di calcio di Serie A che non avevano pagato le tasse e che adesso hanno ottenuto una rateizzazione ultra-agevolata.

Ma è paradossale che a contestare la Meloni sulla sanità sia un ex Primo Ministro che tra il 2011 e il 2013 ha cominciato la stagione dei tagli che ha sfasciato la sanità. La manovra 2023 ha destinato alla spesa per la sanità 1,9 miliardi di euro nei prossimi due anni, anche per contenere i costi delle bollette elettriche per gli ospedali: 1,5 miliardi nel 2023, 500 milioni nel 2024.

Si poteva e si doveva fare di più. Eppure tutti possono criticare la questione della sanità tranne che un ex premier che ha fatto molto peggio della Meloni e che adesso parla di “eliminazione” del sistema sanitario pubblico. Monti farebbe meglio a riguardarsi i numeri della Fondazione Gimbe, che ha stimato in 37 miliardi i soldi sottratti al finanziamento della sanità tra il 2010 e il 2019. Un lungo periodo in cui c’era lui dal 2011 al 2013 e poi è arrivato Matteo Renzi che nella legislatura successiva ha proseguito sulla stessa linea.

Sempre secondo la Fondazione Gimbe per il 2012 e il 2013 il governo Monti aveva prospettato alla sanità un aumento di spesa di 8 miliardi, ma poi che fine ha fatto? Stesso discorso e identica fine per altri 8,4 miliardi con il successivo governo di Enrico Letta nel 2014; e Renzi nel periodo 2015-2017 aveva previsto addirittura 16,6 miliardi di aumenti di spesa, mai erogati. E ancora: nel 2018 Paolo Gentiloni ridusse la spesa di 3,3 miliardi e Giuseppe Conte nel 2019 completò l’opera con un taglio di 0,6 miliardi. In totale, secondo la Fondazione Gimbe, 37 miliardi tagliati.

Nel quinto Rapporto sul Servizio sanitario nazionale, presentato dalla Fondazione Gimbe in Senato lo scorso ottobre, si legge che, dopo il decennio dei tagli (2010-2019), si è registrato un aumento di spesa, non incisivo e non eclatante ma che comunque c’è stato, e si è passati da 113,8 miliardi nel 2020 a 124,9 miliardi nel 2022, con un incremento di 11,2 miliardi, di cui 5,3 miliardi dovuti al Covid-19. E allora – lo ribadiamo alla noia – ci sarà tempo e modo di criticare Meloni, la si potrà bocciare ma sino ad oggi l’unico voto possibile nella pagella politica italiana è uno zero tagliato per il professore Monti e quelli che come lui, dopo di lui, hanno pensato soltanto a stringere la cinghia degli italiani sino a lasciarli in mutande. Quelli dei tagli, che oggi inneggiano al potenziamento della sanità dopo averla devastata.

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