HomeEuronewsMaledetta guerra: farina +30% e ora spunta l'incubo OGM

Maledetta guerra: farina +30% e ora spunta l’incubo OGM

Non c’è solo l’aumento del gas e della benzina a creare molta apprensione per come si stanno mettendo le cose già da qualche settimana tra aumenti e speculazioni. Ora la guerra in Ucraina rischia di crearci altre difficoltà e di farci pagare a caro prezzo tanti, troppi, anni in cui l’Italia ha smesso di puntare sui suoi prodotti e ha importato dall’Estero.

Tra rincari dell’energia e delle materie prime agricole mai toccati prima e incognite sull’approvvigionamento nel prossimo futuro, la guerra scatenata da Putin in Ucraina rischia di infliggere un duro colpo alle aziende agricole e alimentari italiane e dell’intera Ue, mettendo a rischio la tenuta di interi comparti e soprattutto potrebbero traballare le abitudini di quelli che vanno al supermercato non per fare scorte di prodotti confezionati e acqua ma per la farina, o più in generale, per i cereali.

L’Ucraina è il granaio d’Europa, la Russia lo è del mondo. Di questo passo rischiamo di vedere col binocolo la farina e il mais, visto che l’Ucraina detiene un ruolo rilevante nel mercato mondiale, posizionandosi al quarto posto tra i principali Paesi esportatori con una quota del 15% delle forniture globali e chi ha un ristorante in Italia già si è accorto che la farina costa il 30 per cento in più. Idem gli altri prodotti, a causa del caro carburante, che sono aumentanti di conseguenza: l’olio è aumentato del 10 per cento, la mozzarella e il pomodoro del 15. Al contempo subentra il blocco dei rapporti commerciali con la Russia il prezzo delle materie prime è destinato ad aumentare sempre di più. Tutto si complica insomma.

Le quotazioni del grano tenero (quello che serve per il pane e la pasticceria) sono già cresciute del 33%, sfondando per la prima volta nella storia in Italia quota 40 euro a quintale.

A preoccupare, come detto, è la situazione riguardante il mais, secondo pilastro dell’agroalimentare che sta venendo meno con il blocco: nell’ultimo anno l’Italia ne ha importato 1,1 milioni di tonnellate dall’Ucraina e 105 mila dalla Russia. Nell’ultimo mese il rialzo del prezzo è già staro del 41%, un’enormità se si pensa al suo fondamentale utilizzo per la produzione di mangimi per gli animali. Come una reazione a catena, il rialzo del prezzo del mais comporta un aumento anche del costo della carne: secondo la Cia-Agricoltori Italiani, un chilogrammo di manzo al banco è passato dai 12 a quasi 15 euro, mentre una bistecca potrebbe arrivare costare a breve il 20% in più.

L’alternativa, a quanto pare, dovrebbe essere il grano canadese ma sull’argomento si è già scatenato un vespaio e in molti protestano e non ne vogliono sapere: è pieno di glifosato e altri pesticidi, non lo vogliamo nelle nostre tavole. Già ne importiamo tonnellate, immaginate quanto ne potrebbe arrivare in Europa da qui a breve. Se il conflitto in atto in Ucraina si aggraverà e si prolungherà, è opinione diffusa che occorrerà importare da altri Paesi come Usa, Canada o Argentina.

“Europa e America – come ben spiegato da Italia che Cambia – hanno politiche diverse anche sull’utilizzo degli antibiotici negli allevamenti e in generale nell’applicare il principio di precauzione: mentre nei confini Ue non si può commercializzare qualcosa se non si è ragionevolmente certi che non sia dannosa, negli Stati Uniti vale il principio è opposto: si può commerciare tutto a patto che non si dimostri essere nocivo. I problemi di sicurezza alimentare e le differenze fra il mercato della produzione di cibo dei due continenti sono stati anche una delle principali ragioni del fallimento del Ttip, il Trattato transatlantico per il commercio e gli investimenti che avrebbe dovuto liberalizzare gli scambi tra USA e Unioe Europea, ma che sì arenato nel 2016”.

A nostro avviso non si può prescindere da una premessa su qualsiasi prospettiva: la soluzione non possono essere gli Ogm. E’ tempo di puntare sul made in Italy e tornare a coltivare. Ora o mai più.

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