HomeEditorialiLa nuova vita dell'ecumenico Cateno: da Monza alle Europee è cambiato tutto

La nuova vita dell’ecumenico Cateno: da Monza alle Europee è cambiato tutto

TAORMINA – C’era una volta il sindaco di Taormina eletto a furor di popolo, aspirante sindaco di Sicilia con ipoteca su Palazzo d’Orleans, che imperversava sui social, sgasava da una parte all’altra e monopolizzava la scena politica siciliana, da quella dei piccoli territori alla grande ribalta regionale sino anche a quella nazionale. C’era una volta quel tempo e probabilmente è l’incipit di una stagione che si è consegnata agli archivi. Le delusioni di Monza e delle Europee hanno cambiato i piani di un Cateno De Luca in piena rampa di lancio, come lo hanno segnato ancora di più i riverberi dei problemi fisici causati dall’eccesso di generosità delle sue campagne elettorali che lo hanno visto girare con tanta caparbietà mille posti e caricarsi da solo sulle spalle un intero partito mentre gli altri, dietro di lui, si limitavano a battere le mani e fare la coreografia e ad incitarlo sui social ad andare avanti. Come se fosse normale esortare un uomo, ancor prima che un politico, a tenere ritmi forsennati, spingerlo a vivere cinque o sei vite contemporaneamente sino a mettere a rischio la propria salute. Per fortuna De Luca è stato caparbio a riprendersi e a superare bene i suoi problemi, ed è merito suo e non di quelli che lo hanno mandato allo sbaraglio.

Cateno è sempre risorto dalle difficoltà, pure quelle politiche, e si riprenderà la scena anche stavolta, al netto di quelli che lo considerano finito, anche perché molti dei suoi competitori, tra l’altro, sono in larga parte scarsi e presuntuosi. Ad ogni modo, un mese dopo l’amaro verdetto delle Europee, che ha spento i sogni di sdoganamento nazionale di Sud chiama Nord, con Taormina che gli ha riservato un mese fa poco più di mille consensi a fronte dei 4 mila di un anno prima, De Luca fa i conti con delle difficoltà oggettive e deve rielaborare le strategie. Il futuro non è semplice da pianificare. Ora la via è stretta, poi domani chissà ma oggi i margini di manovra sono pochi. La storia d’amore con la bella Taormina è già virtualmente finita, anche se non lo si può dire, il ritorno a Messina è più di una semplice opzione, il sogno di conquistare Palermo si è complicato in termini esponenziali. Lo scenario è questo, niente di più e niente di meno.

De Luca ha messo nel freezer le velleità romane per concentrarsi sulle vicende siciliane. E ha scelto soprattutto, per adesso, di allontanarsi dai social. Low profile direbbero gli inglesi, una versione più diplomatica e moderata, una fase meno arrembante e non più fuori dagli schemi, forse anche per riconquistare credito agli occhi delle schizzinose segreterie dei partiti e per riprendere in tranquillità il dialogo con gli interlocutori politici che spesso non gradiscono l’ingestibile piglio impertinente del politico di Fiumedinisi.

Così ha staccato la spina dal modus operandi iperpresenzialista che lo ha sempre animato e che ha rappresentato il carburante del contatto con la gente. E’ tornato a girare, lontano dai riflettori, quei territori, in giro per la Sicilia, che sono come l’acqua che abbevera in modo ineludibile il campo politico di Sud chiama Nord ed è linfa totale della parabola deluchiana. Non ha altra scelta, anche perché per adesso scadenze elettorali in vista non ce ne sono e, come detto, o lo fa lui il giro della Sicilia o non esiste nessun altro nel suo partito che possa avere lo zero per cento del suo impatto nei rapporti con le comunità. Dietro il leader c’è un deserto Sahariano, problema che rimane d’impietosa attualità ed è zavorra permanente e spada di Damocle sulle prospettive e le ambizioni future di Sud chiama Nord. Il dopo-Europee ha dato a De Luca la chance di fare piazza pulita, in primis di quelli come i suoi colonnelli che lo hanno spinto nell’ultimo anno a deragliare in modalità “armiamoci e parti tu da solo”, da Monza a Bruxelles passando per Taormina e Palermo, e ha optato invece per la linea morbida. Valutazione legittima, scelta che poi si vedrà se pagherà o se, invece, si rivelerà un ennesimo errore strategico.

De Luca intanto ha lanciato un messaggio, alla De Luca, al Pd e ai 5 Stelle, ma lo sa bene che – ad oggi – a sinistra non hanno nessuna intenzione di farsi trascinare in un accordo politico sodomizzante con veduta panoramica sulle primarie, che al 101% vedrebbero poi trionfare a mani basse l’attuale sindaco di Taormina. L’idea di farsi piacere lo scomodo De Luca e farsi accompagnare da lui al successo pur di battere finalmente la destra è il tasto toccato da Cateno per stimolare i sogni di rivincita della sinistra, che – si sa – è sempre stata sensibile anche a progetti di governi senza alcuna logica pur di trovarsi al governo e lasciare in minoranza l’invisa parte avversaria. Qui però le Europee hanno ringalluzzito le aspettative del Pd, che metterà avanti un suo candidato, e la stessa cosa faranno i grillini.

De Luca ha fatto partire il gioco della clessidra, sapendo che non porterà da nessuna parte e che d’altronde a poco o nulla vale interloquire con i referenti siciliani che poi eseguono i desiderata delle segreterie romane. “Alle Europee una ipotesi di percorso nata in Sicilia è stata stroncata a Roma. Se la logica è questa sarà difficile creare un’alternativa a questo centrodestra in Sicilia. Se noi cominciano a discutere, io poi fra 3 anni non so se gli interlocutori saranno sempre gli stessi. Qui c’è la sindrome del suicidio politico“. E poi una frase che dice più di tante altre cose: “Chissà che succederà nel centrodestra tra qualche anno“.

E allora De Luca, consapevole che oggi il centrodestra rimane un avversario molto difficile da sconfiggere in Sicilia e che non può continuare a sfidarlo in solitario e non ci sono tante speranze per un “matrimonio di convenienza” con la sinistra (che lo ha già respinto alle Europee), guarda già oltre. De Luca guarda con interesse a quel che accadrà nel centrodestra, che magari tra qualche anno avrà un’altra guida e che, in fondo, è la “casa madre” del percorso politico deluchiano. L’impensabile a volte è la strada che diventa la più comoda e in questo caso la terra promessa potrebbe tornare ad essere quel centrodestra dove Cateno De Luca, in fondo, può contare sulla sponda di “amici” (e quindi nemici di Schifani) pronti a traghettarlo verso una nuova stagione politica, con tanti saluti alla sinistra. Come e con quali geometrie o presupposti politici plasmare il percorso è un altro discorso e ci sarà tempo e modo per approfondire l’argomento.

Intanto c’è ancora da chiudere la fase della sindacatura di Taormina, che non appassiona più De Luca. Le troppe assenze degli ultimi mesi hanno portato al gelo tra il sindaco e i taorminesi, la grande passione popolare di un anno fa si è spenta. Rimane un impegno, tuttavia, da portare avanti e onorare sino in fondo. Forse per un altro anno o al massimo due, chissà, non per troppo tempo perché il parlamentare di Fiumedinisi ha altre sfide da inseguire e sulle quali concentrarsi. E allora non trasmonta l’idea di un rientro da protagonista a Messina, la via possibile o forse obbligata per riprendersi la scena politica siciliana. L’impresa ideale per cucirsi di nuovo addosso il bigliettino da visita di candidato alla presidenza della Regione o magari per costruire dallo Stretto altri equilibri politici regionali. Un altro uno contro tutti, il ring per mettere ko il centrodestra che da quelle parti si sta già mettendo nelle condizioni ideali per perdere un’altra volta, la resa dei conti e la vendetta perfetta con l’ingrata sinistra che Cateno ha corteggiato ma ora vuole prendere a schiaffi, a Messina e poi, in un modo o nell’altro a Palermo. E nel frattempo, come detto, verrà il momento dell’exit strategy da Taormina, dove l’estate 2024 non è neppure lontana parente di quella precedente. Un anno soltanto dalle elezioni Comunali eppure sembra già trascorsa un’era geologica e un paio di anni luce. Da Catenol’elefante nella cristalleria” a Cateno “l’ecumenico“, dal sindaco capo-popolo con la diretta dei blitz al sindaco del welcome back di lunedì. Domani è un altro giorno si vedrà. Dum vita est, spes est.

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