HomeAttualità e CronacaItalia senza medici, a Taormina arriva l’annuncio di Bernini sul numero chiuso

Italia senza medici, a Taormina arriva l’annuncio di Bernini sul numero chiuso

TAORMINA – “Nella sanità dobbiamo vedere quanti medici mancano, per quanto tempo e in quali ambiti. Questa è la vera sfida da affrontare. Io sono contraria al numero chiuso nelle università. Il numero chiuso per come era concepito a suo tempo non esiste più, lo trovo antistorico ma è demagogico e intellettualmente disonesto il dire “apriamo tutto” e il “poi facciamo la selezione darwiniana”. Queste le parole del ministro dell’Università e Ricerca, Annamaria Bernini al meeting di Forza Italia, Etna23 a Taormina sulla problematica del numero chiuso per l’accesso alle facoltà di medicina. 

L’Italia si avvicina al bivio di decisioni non più rinviabili mentre nel paese mancano tanti, troppi, medici. Non soltanto medici di medicina generale. In Italia – come hanno rivelato 30 Società Scientifiche dei Clinici Ospedalieri e Universitari Italiani ad oggi mancano all’appello anche 30.000 medici ospedalieri, 70.000 infermieri e circa 100.000 posti letto. Carenze che mettono a rischio la salute dei cittadini che, nel momento del bisogno, potrebbero trovarsi senza la necessaria assistenza. Servirebbero almeno 30mila medici specialisti ospedalieri: sono circa 130mila, 60mila unità in meno della Germania e 43mila in meno della Francia. Si assiste anche a un consistente esodo di medici neolaureati e specializzandi, più di 1.000 l’anno, perché all’estero gli stipendi e le condizioni di lavoro sono nettamente migliori. In particolare, nei Pronto Soccorso la carenza di personale è quantificabile in 4.200 camici bianchi (in sei mesi, da gennaio a luglio 2022, se ne sono dimessi 600, circa 100 al mese).

“I problemi in Medicina che riguardano la Sicilia sono gli stessi che accadono in tutta Italia, è la metafora del Paese – ha detto Bernini -. Noi abbiamo aperto di un 30% e lo abbiamo fatto mettendo a disposizione delle università 23 milioni e un reclutamento straordinario, perché non si può aprire tutto se prima le strutture non sono abbastanza capienti, più docenti e laboratori, più ricerca e formazione. Il Covid ci ha spinti avanti di una decina di anni su didattica e tecnologia. Per dare credibilità al sistema occorre agire con equilibrio. La mia idea è quella di continuare ad aprire in modo progressivo, anche passando da un anno fi filtro, senza perdere tempo ovviamente. L’obiettivo è superare il numero chiuso ma in maniera ragionevole. Sento dire che bisogna aprire tutto e subito ma lo studente iscritto al primo anno di medicina dovrebbe andare in corsia a curare chi? Non si possono mandare allo sbaraglio i giovani. Oggi viviamo un inverno demografico ma esiste la quarta e quinta età. Quindi c’è bisogno di medici da formare in maniera diversa, tenendo anche conto dell’intelligenza artificiale. Dobbiamo formare i professionisti del futuro, non quelli del passato”. 

A preoccupare le società scientifiche è il progressivo depotenziamento della sanità. In 10 anni (2011-2021), in Italia, sono stati chiusi 125 ospedali, ben il 12%. Nel 2011 (tra pubblici e privati) erano 1.120, per diminuire a 995 nel 2021, con un taglio più marcato per le strutture pubbliche (84 in meno). In un solo anno sono stati eliminati quasi 21.500 posti letto, incrementati solo per affrontare i mesi più duri della pandemia: nel 2020 erano 257.977, per poi scendere a 236.481 nel 2021. Numeri pesantissimi, sui quali non si può più fare finta di niente.

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