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I piani di Ue e Nato per proteggere le infrastrutture marine

Dall’alimentazione delle nostre case alle comunicazioni: le infrastrutture marine sono diventate la spina dorsale dell’economia moderna. Eppure, le recenti esplosioni dei gasdotti nel Mar Baltico hanno portato molti a chiedersi: quanto sono davvero sicuri questi sistemi?

Ogni anno i Paesi dell’Unione europea conducono esercitazioni della guardia costiera, note come Coastex. Una delle ultime è stata effettuata nel Mare del Nord belga: è stata simulata un’emergenza in un parco eolico offshore. Una semplice esercitazione, ma basata su una storia vera: nel 2021 un’imbarcazione con dei migranti a bordo è entrata nel Canale della Manica ed è andata alla deriva in un tratto di mare al largo di un parco eolico belga.

“Quello che volevamo testare è l’eventuale sbarco di un gruppo di persone su una di queste infrastrutture offshore: una possibile minaccia per i parchi eolici – dice il comandante Kurt De Winter, direttore del Centro operativo marittimo della Marina belga -. Poi anche la cooperazione, la collaborazione e il contrasto delle minacce da parte dei diversi partner delle autorità belghe”.

I centri di controllo a terra chiamano le navi in mare coordinando il salvataggio dei migranti. La situazione si fa più difficile quando un gruppo di contrabbandieri armati sequestrano degli ostaggi su una delle piattaforme offshore. Unità speciali di polizia e militari vengono chiamate a intervenire. La marina, i militari, la polizia e persino l’operatore del parco eolico devono collaborare per risolvere la crisi in mare.

Ciò che distingue questa esercitazione è la sua attenzione alle infrastrutture energetiche offshore. I parchi eolici in mare soddisfano il 10% del fabbisogno di elettricità del Belgio: una percentuale che triplicherà nei prossimi dieci anni. I parchi eolici sono solo un esempio delle infrastrutture offshore da cui l’Europa sta diventando sempre più dipendente.

“Il Mare del Nord belga e la Manica sono un crocevia di infrastrutture vitali, non solo sulla superficie del mare, ma soprattutto sul fondo – dice il comandante De Winter -. Stiamo parlando di cavi di comunicazione, ma anche di cavi elettrici, oleodotti e gasdotti. E questi sono molto vulnerabili a diversi tipi di minacce. Una di queste minacce è lo spionaggio e le azioni di sabotaggio da parte del nemico nei confronti delle nostre infrastrutture vitali. La minaccia non è solo ipotetica, è un pericolo reale. Lo abbiamo visto con l’incidente del Nord Stream, che è davvero un campanello d’allarme per i Paesi europei: dobbiamo proteggere sempre di più le infrastrutture offshore”.

L’esercitazione si conclude con l’arresto dei contrabbandieri. La sicurezza del parco eolico è stata ripristinata. Ma la protezione delle infrastrutture critiche in mare rimane un tema urgente in tutta Europa. Gli incidenti minori, come le imbarcazioni che danneggiano i cavi, non causano grandi problemi. Ma guasti più seri, o un attacco deliberato, potrebbero avere gravi conseguenze, soprattutto per le regioni con scarsa connettività.

A Ginevra abbiamo parlato con il professor Christian Bueger, professore di relazioni internazionali all’Università di Copenaghen e coautore di uno studio che ha analizzato le vulnerabilità dei cavi sottomarini europei pochi mesi prima dell’incidente del gasdotto Nord Stream.

“I cavi non sono più invisibili. Siamo ormai consapevoli che un attacco come questo può accadere e che è probabile che si ripeta in futuro – dice Bueger -. Per questo motivo, sia l’Unione europea che la Nato hanno sviluppato alcuni piani. Gran parte delle iniziative in corso riguardano il miglioramento della sorveglianza, la comprensione di ciò che accade in mare, ma anche sotto il mare. Inoltre, è necessaria una collaborazione molto stretta tra l’industria, i responsabili delle politiche di sicurezza e le forze armate. Mettere d’accordo tutti questi attori insieme, concordare le migliori pratiche e chi deve fare cosa, non è un compito facile”.

La responsabilità della protezione e della manutenzione di specifici cavi sottomarini è spesso poco chiara. Si tratta di attività costose e rischiose che richiedono in genere imbarcazioni specializzate e sommozzatori professionisti.

Una possibile soluzione per affrontare queste sfide è l’utilizzo della robotica. L’Istituto per l’ingegneria, la tecnologia e la scienza dei sistemi e dell’informatica di Porto (Inesc Tec) ha sviluppato dei robot in grado di monitorare le infrastrutture sottomarine per lunghi periodi.

“Se si vuole fare il monitoraggio con delle persone occorrono molti sommozzatori, perché non possono restare così a lungo in acqua – dice Carlos Almeida, ricercatore dell’Inesc Tec -. Ed è anche pericoloso. Con i robot, quindi, non rischiamo nessun essere umano”.

Nell’ambito del progetto Green Deal, finanziato da Bruxelles e denominato Eu-Scores, questa tecnologia è ora in fase di test in un sito sperimentale nell’oceano Atlantico. Due robot sono stati progettati per operare in tandem, monitorando parchi energetici offshore, cavi, condutture e altre infrastrutture sottomarine.Dotati di telecamere sensibili, sonar, magnetometri e algoritmi di intelligenza artificiale per identificare le minacce, questi robot potrebbero garantire un sistema di sorveglianza subacquea ampio e flessibile.

“In futuro questi robot saranno come i telefoni cellulari per noi oggi – dice Alfredo Martins, un altro ricercatore dell’Inesc Tec -. Ci saranno le turbine eoliche in mare e una moltitudine di robot che si muovono e svolgono i loro compiti”.

Fonte: Euronews Italia

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