HomeAperturaGiorgia e Cateno, patto a doppio taglio: chi rischia di più?

Giorgia e Cateno, patto a doppio taglio: chi rischia di più?

Prende quota la prospettiva di un accordo con la maggioranza per il ritorno di Cateno De Luca nel centrodestra. Il sindaco di Taormina ha fretta di trovare una soluzione per arginare la grande fuga che sta colpendo, come una slavina, il suo movimento Sud chiama Nord e che lo ha visto passare in due anni da 10 parlamentari eletti all’election day di settembre 2022 (8 alle Regionali e 2 al Nazionale) ad una condizione attuale di soli 3 deputati rimasti con ScN.

De Luca sta giocando la sua partita su più tavoli, tra Roma e Palermo, con assemblee e incontri a sorpresa a Fiumedinisi e la “roccaforte” cateniana di Messina da difendere. Più defilata, sullo sfondo, c’è Taormina. L’appello alla sinistra è andato a farsi benedire e non c’è più altra strada che rientrare nel centrodestra per non restare nel limbo politico della terra di nessuno.

Scateno ha tre priorità in questo momento. La prima è quella di togliersi al più presto dall’isolamento politico in cui si è “cacciato” Sud chiama Nord con le scelte sbagliate dell’ultimo anno. Ma nel frattempo il leader vuole allontanare i venti di crisi da Messina, epicentro delle trame politiche del movimento e dove De Luca ha deciso di rimescolare le carte per dare un nuovo impulso all’attività amministrativa. E la terza priorità è, di riflesso, la missione più complicata in assoluto, cioè fermare la spirale dei vari addii in atto non solo in ambito parlamentare ma più in generale nei territori, perché – una volta accantonato (per adesso) il sogno della presidenza della Regione, ora la tenuta del movimento a livello regionale diventa la “madre” di tutte le battaglie di De Luca, anche per dare forza alla contrattazione con i vertici del centrodestra. Sul tavolo ci sono le questioni siciliane (dove De Luca chiede la futura vicepresidenza in cambio del sostegno ad un nuovo candidato di coalizione) e quello romane (dove ci sarebbero in ballo due seggi nei Collegi Uninominale).

Non è una partita semplice per De Luca che, al netto dei vari incontri che sta avendo, fa i conti con i vari big del centrodestra che da una parte accolgono con il sorriso la lieta novella del ritorno del parlamentare di Fiumedinisi nella maggioranza (a Roma a breve, a Palermo con un accordo in ottica futura) ma dall’altro hanno memoria e non hanno dimenticato gli attacchi durissimi rivolti dallo stesso De Luca ai partiti di destra, “cannoneggiati” a più riprese senza pietà. Sarà, insomma, una traversata non semplice e nel centrodestra il mood che accomuna gli umori dei big è fatto di tre parole: “Ci possiamo fidare?”. Qualcuno una risposta se l’è anche data senza ragionarci troppo. Anche perché poi De Luca non ha ancora chiuso le porte alla sinistra, coltivando la speranza di un ripensamento in extremis da parte di Pd e M5S. E all’inverso pure De Luca, in fondo, dovrà capire se poter andare fino in fondo nell’interlocuzione di quelli che lo ascoltano ma non lo amano, di chi è interessato ai suoi voti e tratterà con lui ma vorrà effettivamente pesare il suo attuale consenso e non gli farà sconti.

E poi c’è, ovviamente, lei, Giorgia Meloni, che ha deciso di allargare il centrodestra, guardando all’area di centro e dei moderati, operazione che sta avendo l’efficace sponda in particolare di Forza Italia. Perché, in fondo, una Forza Italia più forte, che cresce, si rafforza e “saccheggia” l’area dei dissidenti di Renzi-Calenda fa comodo al partito azzurro ma di riflesso è una mossa utile pure al premier e leader della maggioranza. La Meloni vuole potenziare quella lista ad oggi guidata da Noi Moderati di Maurizio Lupi, riaccoglie Mara Carfagna e segue con attenzione le opportunità di una prateria fatta di movimenti, come Sud chiama Nord, che possono rafforzare il dato complessivo del centrodestra. Il senso del discorso per il centrodestra sembra essere: “Meglio portare a casa pure i voti di De Luca che lasciarlo alla sinistra”, ove mai dovessero coalizzarsi i partiti della frastagliata galassia di minoranza.

Il quotidiano “Repubblica” racconta di un patto tra Giorgia e Arianna Meloni da una parte e De Luca dall’altra. Sul tavolo ci sarebbero possibili intese in ottica futura per le Politiche e le Regionali, l’aspettativa – cosi si racconta – di Meloni che De Luca faccia la sua parte e la condizione posta il 12 ottobre scorso da De Luca, in conferenza stampa a Palazzo Zanca, che il centrodestra replichi in Sicilia lo scenario del 2022, quando venne fermata la ricandidatura di Nello Musumeci.

Il difficile per Giorgia, se dovesse concretizzarsi il patto di cui parla l’edizione online di Repubblica, sarebbe il dover blindare eventuali accordi per il futuro dovendo gestire gli equilibri del presente, anche perché di certo non si voterà domani mattina né a Roma né a Palermo e la legislatura è lunga, andrà a concludersi in entrambi i casi nel 2027. E attenzione perché il presidente della Regione Siciliana, Renato Schifani, non ha affatto gradito lo scenario alternativo di cui si continua a rumoreggiare e prospettatosi in questi giorni sui giornali. Schifani sinora è riuscito a compattare tutta la sua maggioranza e ha tutta l’intenzione di riproporsi, pretende rispetto e negli ambienti del centrodestra si racconta che si sia già fatto sentire con le segreterie romane, per avere chiarezza e capire quanto ci sia di vero in tutte le voci di questi giorni. Schifani non si lascia impressionare e vuole blindare la sua maggioranza, mentre all’esterno va avanti il tam-tam alimentato dalla recente conferenza stampa messinese di De Luca.

Meloni farà le sue valutazioni, dovendo evitare che De Luca diventi il detonatore di malumori tra i suoi alleati e che l’impertinente Scateno possa poi esondare. Un acerrimo nemico di vecchia data di De Luca (tra i vari), d’altronde, è il primo alleato del premier, cioè Matteo Salvini (che lo definì “un impresentabile”), e Scateno si è detto contrario all’iter avviato dal ministro leghista per il Ponte sullo Stretto. De Luca, non più tardi del 13 marzo scorso definiva, ad esempio, i provvedimenti del premier delle “superca**ole”, è un autonomista ma vorrebbe azzerare la riforma targata Calderoli partorita da questo governo (“Non abbiamo paura dell’autonomia, ma abbiamo paura dell’imbroglio che c’è dietro”). Ha silurato accordo Meloni-Schifani sui fondi Fsc, ha definito il “Pacchetto Sicurezza del governo Meloni? Stron*ate elettorali” e in altri momenti ha esternato la posizione che “il governo Meloni continua a rapinare i soldi del Sud”. “Per Salvini e Meloni la Fornero andava eliminata. Per Forza Italia pensioni minime a 1000 euro per tutti. Morale della favola? Niente pensioni a 1000 euro”, tuonava De Luca, aggiungendo su Meloni, Salvini e Tajani che “gli italiani sono già stufi di loro”. Il premier probabilmente è disposta a perdonare e fare reset, forse si consolerà sapendo che De Luca, prima ha flirtato con la sinistra e poi l’ha bollata pubblicamente come una coalizione di “oppositori di professione”, “perdenti” e non più tardi di sabato scorso ha arringato che da quella parte “hanno la sindrome del suicidio assistito”.

E allora, se davvero corrisponde a verità come si racconta, che ci sarebbe un patto all’orizzonte, Giorgia riuscirà a domare il vulcanico Scateno e a fargli promettere “Vengo in pace” nella coalizione, per non far saltare poi con le sue trame imprevedibili gli equilibri di una “quarta gamba” del centrodestra? E il sindaco di Taormina, che in ogni caso resta delle sue convinzioni e non vuole sentire parlare di “abiura” sul passato, a sua volta, riuscirà a trovare sponde davvero affidabili per portare la nave di Sud chiama Nord in un rifugio sicuro? Saprà evitare “sgambetti” o “abbracci mortali” in quel centrodestra che in Sicilia, per lui, è un campo minato e resta memore delle sue appassionate “parole d’amore” (si fa per dire) verso la maggioranza? Chi rischia di più? Che la partita abbia inizio, 1X2 si legge in questi casi sulla schedina della politica siculo-romana.

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