HomeItalia - EsteriGeolier: "Il Sud deve rimanere una carta sporca?"

Geolier: “Il Sud deve rimanere una carta sporca?”

“Noi dobbiamo lottare ogni giorno per resistere e per andare avanti, nonostante tutto. Per qualcuno la disparità non è un tema importante. Ma non possiamo fare finta che è tutto risolto. Io con la musica voglio parlare a tutti quanti. Il degrado è ovunque e non può essere una gara a chi sta peggio. Il razzismo reale è l’indifferenza”. Fa decisamente riflettere il monologo di Emanuele Palumbo, in arte Geolier, il rapper napoletano arrivato al secondo posto al Festival di Sanremo, che si è reso protagonista per “Le Iene” di un monologo da ascoltare con attenzione. E’ un lungo monologo che risale al 6 gennaio 2023 dopo l’uscita del suo album “Il coraggio dei bambini” ma che un anno dopo appare, più di allora, di stretta attualità, quasi profetico, dopo i fatti sanremesi, i fischi, le polemiche e l’esito finale della rassegna canora.

Il rapper ha parlato all’Italia della disparità tra Nord e Sud, Napoli, l’eterna rincorsa e la sfida al pregiudizio per i napoletani e i meridionali che “si vogliono affermare con il loro talento e la loro forza”. “Ma se qualcuno ci vede un problema si guardi allo specchio”, evidenzia l’artista.

“Per tante persone è difficile vedere un napoletano e Napoli vincere. Ma io le capisco, pure per me è strano. Solitamente ci diciamo che dobbiamo lottare ogni giorno per resistere e per andare avanti nonostante tutto. Massimo Troisi parlava spesso degli stereotipi su Napoli, però non distruggeva quelli negativi ma estremizzava quelli positivi. E alla fine faceva vedere che pure quelli erano un’invenzione di chi voleva che Napoli fosse solo una caricatura. A me sembra che andiamo bene solo se siamo una storia già scritta, nel bene e nel male. Lo capii quando ero bambino, questa narrazione l’avremmo cambiata solo iniziando a vincere”. Geolier ha proseguito il suo discorso evidenziando le differenze tra Nord e Sud, citando il “razzismo” e la “disparità” che da sempre divide l’Italia: “Sono profonde le differenze tra Nord e Sud, anzi per una volta diciamo Sud e Nord. Non per creare divisioni, anche perché io con la musica voglio parlare a tutti, però alcuni pensano che questa disparità non sia più un tema importante. Il degrado è dappertutto, è vero ed è pure vero che non è una gara a chi sta peggio. Ma non dobbiamo fare finta che sia tutto risolto, il Sud è destinato a restare per sempre una carta sporca? Il vero razzismo è l’indifferenza”.

“Che significa “vincere”? Per me vincere è fare un monologo che vede tutta Italia, nella lingua di Basile e di Eduardo, di Totò e di Pino Daniele. E sì, pure di Geolier. Adesso Napoli e i napoletani si vogliono affermare per il loro talento e la loro forza, e se a qualcuno non sta bene, se qualcuno ci vede un problema, il problema lo sapete dove sta? Allo specchio”.

Non si può dare torto a Roberto Saviano quando rimarca che certi posti, al Sud, sono “luoghi universali in cui moltissimi si riconoscono”, “indipendentemente dalla loro origine geografica, etnica e culturale”. Perché? Perché laddove tutto è competizione, selezione, misurazione, pretesa di requisiti, la terra di Geolier è percepita come un luogo che accoglie, dove chiunque voglia può sentirsi a casa. E “la lingua non parla alla ragione, la sua musicalità parla piuttosto al sentimento”.

Noi non siamo amanti del genere rap – per intenderci – e non siamo tra quelli che ascoltiamo queste canzoni, ma noi non siamo neppure in grado di giudicare l’arte di Geolier: quell’esercizio lo possono fare gli artisti come lui e i maestri che insegnano ai giovani come lui. Allo stesso modo non ha alcuna competenza in materia, evidentemente, la sala stampa dell’Ariston che, al di là dei legittimi gusti, in verità, ha rispecchiato in maniera precisa e perfetta soltanto la prosecuzione di una lunga storia di pregiudizio e poi il declino totale, imbarazzante, della professione giornalistica in Italia. Il messaggio d’alta classe della “giuria del “buu”, non a caso largamente distinto e distante da quelle che erano state le tendenze popolari, era forse finalizzato a far intendere agli italiani che quel rapper (un ragazzo di 23 anni) era una me**a? Poco male, perché in fondo questa storia è una di quelle volte in cui la me**a tirata addosso agli altri è tornata in faccia a chi l’ha lanciata.

ARTICOLI CORRELATI

POTREBBE INTERESSARTI

SEGUICI SUI NOSTRI SOCIAL

35,880FansMi piace
14,200FollowerSegui
My Agile Privacy
Questo sito utilizza cookie tecnici e di profilazione. Cliccando su accetta si autorizzano tutti i cookie di profilazione. Cliccando su rifiuta o la X si rifiutano tutti i cookie di profilazione. Cliccando su personalizza è possibile selezionare quali cookie di profilazione attivare.