La politica siciliana si arrovella in questa fase su tanti discorsi e altrettanti ragionamenti in merito all’improvviso asse che si è creato tra il presidente della Regione, Renato Schifani e il capo delle opposizioni, Cateno De Luca.
Se ne sono dette di tutti i colori, anzi De Luca ha detto di tutto e di più sull’attuale governatore della Sicilia con una veemenza dialettica pari all’uragano Mitch del Nisi. Poi dopo due anni di scontro, in cui il presidente – pur di non ritrovarselo accanto – aveva addirittura deciso di non venire nemmeno una volta a Taormina, è scoppiata la pace. Eccoli insieme, d’amore e d’accordo. E tutti a sorprendersi, legittimamente.
Ma è davvero così strano che le cose stiano andando così? Forse no e basta una semplice riflessione (e d’altronde è l’anno della riflessione) per capire come sono andate le cose.
De Luca, dopo il “grande fallimento” delle Europee, come lui stesso lo ha definito, e l’isolamento in cui si è “cacciato” prima ancora con l’altra scelta infelice di candidarsi a Monza, ha capito che Sud chiama Nord, da sola non sarebbe più andata da nessuna parte. E il parlamentare di Fiumedinisi, per di più, ha rischiato lui stesso per la propria salute, visto che alle spalle del capo c’era un vuoto cosmico che lo obbligava a girare la Sicilia e l’Italia in lungo e in largo. Non si poteva proseguire la stagione della corsa solitaria con il capo avanti tutta e appresso a lui una prima linea fatta di uno stuolo di campioni mondiali nell’arte del battere le mani ma politicamente molto modesti.
De Luca ha tentato la via della sinistra ma, dopo un paio di mesi, ha realizzato che da quella parte non era possibile andare. Ci ha provato a costruire un’alleanza che non esiste nemmeno a Roma, ma gli hanno già dato un due di picche sul patto per le Europee, quando il leader aveva proposto la possibilità di far inserire alcuni suoi candidati nelle liste di Pd o M5S. E ci aveva poi riprovato nei mesi successivi chiedendo le primarie di coalizione, con l’intenzione di mangiarsi a colazione nel 2025 o nel 2026 i competitori che gli altri partiti avrebbero messo in campo per la scelta del candidato governatore. A sinistra di questi tempi sono messi male ma non sono fessi a tal punto da non capire che stavano per essere sbranati. Niente da fare, la sinistra ha scelto di perdere da sola, senza sposarsi con il sindaco di Taormina. Dal Nazareno hanno chiuso la porta, e ha fatto altre scelte anche Giuseppe Conte che alle prossime elezioni Regionali – così dicono – vorrebbe candidare in Sicilia l’europarlamentare Giuseppe Antoci.
Così De Luca ha scelto l’unica strada possibile: il ritorno del centrodestra, che aveva lasciato nel 2017. Dove, lo abbiamo detto, lui non ama i prossimi compagni di viaggio e loro non amano lui. Si conoscono a vicenda, molto bene.
E come poteva trovare De Luca un varco nel centrodestra siciliano al crepuscolo di una stagione politica caratterizzata da duri attacchi verso tutti i big della maggioranza? In un solo modo, il più ovvio: con la mossa del cavallo.
Aprirsi un varco dalla porta più impensabile ma in fondo quella più ovvia, inevitabile: passando dalla presidenza della Regione, dal nemico di ieri che diventa un alleato di oggi. E’ così strano? In teoria sì, ripensando a tutto quello che è successo. Ma la politica, da sempre, applica spesso il “metodo Collegno”. L’occasione propizia, il giro di incontri con le opposizioni, con la mediazione del presidente dell’Ars, Gaetano Galvagno, ha fatto il resto.
Ed eccola la pax. Sorrisi e abbracci, reciproci scambi di apprezzamenti, la collaborazione sulla recente finanziaria scritta dalla maggioranza con le opposizioni, la conferenza di fine anno insieme a Messina e ora quella di giovedì prossima. E a breve, forse a giorni, probabilmente arriverà qualche altro segnale politico importante da Palermo, con destinazione Taormina, sulla strada della collaborazione con De Luca.
In sintesi: al di là delle interlocuzioni romane patriote, De Luca aveva bisogno qui di Schifani per spalancarsi le porte nel centrodestra siciliano, incunearsi e tessere da dentro la sua trama politica futura (vedi anche sindaco di Sicilia..), senza disdegnare l’idea di creare zizzania nella maggioranza e provare a mettere pressione ai vari big di Palazzo d’Orleans che non lo hanno mai amato.
Schifani a sua volta ha colto l’opportunità di portare dalla sua parte De Luca nel momento in cui era ormai isolato. Un modo per rendere innocua l’opposizione e lanciare, con un partner scomodo, un segnale di forza ai suoi alleati, anche o soprattutto sulla propria ricandidatura. Quanto durerà l’asse Cateno-Renato? E chi lo può dire. Potrebbe anche andare avanti per un bel pò, dipenderà da tanti fattori. Ognuno conosce alla perfezione l’altro, non c’è niente di casuale: semmai una piena consapevolezza, da parte di entrambi, dei pro e contro di questo inedito asse. Ora lo scenario politico impone questa alleanza e fa comodo ai protagonisti. Poi si vedrà.
E’ appena iniziato un anno lungo. Un 2025 di riflessione per De Luca, che scruta l’orizzonte e vede la sua nuova destinazione che ha due porte d’ingresso.
Intanto, modalità “Scurdammoce ‘o passato” e tasto stop alla guerra con Schifani. La guerra politica è finita a tarallucci e la partita si fa interessante. E la trattativa romana? Quella è un altro bel capitolo della storia, da maneggiare con cura. Tra conquiste possibili e qualche sacrificio probabile.