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C’era una volta il Consiglio comunale di Taormina, oggi ridotto ad ufficio “ratifiche”

TAORMINA – Nella narrazione politica “furbacchiona” di Cateno De Luca il mondo si accende e si capovolge con una disinvoltura più leggera di quando danzava a teatro Carla Fracci, nelle scorse ore è venuto fuori un post molto interessante sul Consiglio comunale di Taormina. “Abbiamo concluso in questo momento i lavori del Consiglio Comunale di Taormina. Dopo quattro ore di confronto sui diciotto punti all’ordine del giorno, abbiamo interrotto i lavori per proseguire domani pomeriggio. Per la prima volta nella storia politica di Taormina, il Consiglio Comunale ha avuto la possibilità di approvare i documenti contabili del Comune e delle sue partecipate con una visione sinergica del gruppo pubblico locale”.

Tutto meraviglioso, ovviamente. Poi ci si affaccia nella realtà e viene fuori che il Consiglio comunale è diventato niente di più e niente di meno che un “ufficio ratifiche”, la cui funzione comincia e finisce con il disbrigo pratiche delle delibere di Giunta da esitare in via definitiva. Immediata esecutività e buonanotte. Un’aula dove tutto va in scena un monologo che non è lontano parente di un confronto politico.

C’era una volta il Consiglio comunale di Taormina, l’assemblea dei rappresentanti eletti dai cittadini dove venivano prese decisioni importanti per il paese ma prima ancora di votarle quelle scelte, si combatteva verbalmente, si dibatteva a volte anche senza esclusione di colpi e si verificava un confronto spesso aspro e seguito da tanti residenti. Il tempo cambia tutto e in questo caso a Taormina il Civico consesso è decisamente cambiato in peggio. Molto peggio.

La legge, va detto per onestà intellettuale in premessa, ci ha messo di suo con l’assurda decisione di far passare i piccoli Comuni come Taormina da una distribuzione equilibrata del rapporto tra consiglieri di maggioranza e consiglieri di opposizione, ad una sproporzione impietosa. Per essere chiari, prima i consiglieri di maggioranza erano 12 e quelli di opposizione erano 8. Oggi i seggi vengono ripartiti con l’assegnazione di 11 alla maggioranza e 5 alla minoranza.

Nel caso di Taormina, in questa consiliatura, al netto delle questioni prettamente numeriche, il Consiglio comunale si è trasformato in un’assemblea piatta e noiosa alla quale non va più nessun cittadino ad assistere in presenza e neanche seguita in streaming.

Funziona plasticamente così: vengono inseriti all’ordine del giorno degli argomenti e il Consiglio comunale vota, “ratifica”, quello che ha già deliberato la Giunta. Un pò di inutile e soporifera discussione, che si trascina pure per 2 o 3 ore giusto per dare l’idea che si sia perso un pò di tempo a dibattere. Tutto in modalità “sesso degli angeli”, al cloroformio e in un “volemose bene”. Alla fine si va all’alzata di mano, con i consiglieri di maggioranza allineati e coperti, dediti a fare attenzione tutto al più soltanto nella postura del corpo e al movimento del braccio, per mostrare al sindaco Cateno De Luca che l’alzata di mano è netta, convinta, perentoria e adulatoria. Il braccio dei consiglieri si flette senza indugi e il leader s’illumina d’immenso. Fine delle trasmissioni, la seduta è tolta. Mamma butta la pasta e tutti a casa.

Fa impressione come si sia ridotta la minoranza taorminese. Esiste? Se la risposta è sì, non se ne sono accorti neppure gli autori di Chi l’ha Visto. L’opposizione era già innocua, di per sé, in partenza per volontà del legislatore che ha voluto una sparuta presenza tra banchi consiliari. Se poi in questo caso ci si aggiunge anche la virata, non ufficiale eppure palese, di alcuni consiglieri di minoranza che si sono buttati sotto le bandiere del sindaco per dinamiche ormai note ai taorminesi, il dado è serenamente tratto.

Insomma c’era una volta il Consiglio comunale di Taormina dove entravano “giganti” della politica locale come Nicola Garipoli, Eugenio Longo, Aurelio Turiano, Achille Conti, Carmelantonio D’Agostino e anche Mario Bolognari (che però ha fatto un errore colossale dimettendosi tre mesi dopo le elezioni del 2023) e tanti altri. Da citare pure chi non è mai stato sindaco ma da consigliere ha lasciato un segno e ha movimentato i lavori d’aula, come Eugenio Raneri che ha scatenato un “inferno” sul lodo Impregilo e come ha fatto a lungo con i suoi appassionati interventi Vittorio Sabato, o come fu ad esempio con Franco Trefiletti, il maresciallo Carmelo La Face e altri ancora. Un tempo ballavano i tavoli e volavano le sedie in Consiglio comunale, adesso va in scena la sinfonia dello sbadiglio con la colonna sonora della terra d’amuri del Nisi e i musicanti taorminesi d’annata ad accompagnare in adorazione mistica il sommo musicante.

Oggi a Taormina c’è un Consiglio comunale da “me cala la palpebra”, che non è né carne né pesce, dove l’attuale sindaco, Cateno De Luca se la canta e se la suona da solo e può divertirsi in pantofole e con il sigaro in bocca. Balla leggiadro sulle ceneri della politica locale e domina l’assise in un saggio politico indisturbato di autoglorificazione. Le sedute sono caratterizzate dai lunghi monologhi del sindaco, ai quali fa seguito poco o nulla in termini di apporto significativo dai banchi consiliari.

Ad intervallare le danze c’è la presenza degli assessori ai quali viene concesso qualche minuto di intervento, a mo’ di recita di Natale, giusto il tempo di portare il verbo del primo inquilino ma la cui funzione – già svilita in partenza – è stata mortificata dalle gerarchie imposte da De Luca nel palazzo. E’ storia ampiamente acclarata che dal giorno dopo le elezioni del 2023, a Taormina, dopo il sindaco De Luca ci sia la presenza totalizzante di Massimo Brocato, prima “vestito” da esperto come “sindaco ombra” e poi elevato da De Luca a co-sindaco, perché ormai il leader di Sud chiama Nord deve pensare alle Regionali che verranno. E allora tutto passa dal buon Brocato, che non appare o si limita a mostrarsi in pubblico per tributare l’applauso a De Luca mentre comizia ma in municipio si fa sentire eccome. Sovrintende lui l’operato degli assessori e dei consiglieri e prima ancora l’attività degli uffici.

E i consiglieri comunali? Boh. Non pervenuti. Tecnicamente impalpabili, politicamente ridotti a non dover immaginare neppure per un istante di contraddire il sindaco in una sola sillaba. Inutile infierire o tacciarli di chissà cosa. Ci sarebbe, in verità, anche il presidente Pinuccio Composto, che avrebbe il profilo esperto e la caratura politica necessaria per alzare il livello modesto dei lavori e togliere un pò di scialba ribalta monocolore al sindaco De Luca. D’altronde, chi ha memoria ricorderà che Composto nella stagione in cui era sindaco Eligio Giardina, praticamente da solo (con il compianto Fabio D’Urso, e insieme a Nunzio Corvaia e Eugenio Raneri) aveva fatto venire il “mal di testa” alla maggioranza con un’opposizione “feroce” e spietata. Stavolta il presidente Composto è in corsa per la futura sindacatura di Taormina e ci tiene ad andare d’accordo con l’attuale primo cittadino. Si sforza di accettare la discutibile linea politica di De Luca e almeno sin qui lo supporta (e lo sopporta).

Il punto sul quale Pinuccio Composto dovrebbe riflettere è che De Luca, quando ha scelto gli eredi al trono, ha sempre fatto scelte a misura di devozione totale e non ha mai optato per quei pretendenti che potrebbero disconoscere la sua leadership. Si è sempre ben guardato dal dare spazio a chi potrebbe metterlo in difficoltà, evitando di consegnare lo scettro a chi potrebbe “girarsi” e mettere in discussione la sua “paternità” politica. Il politico di Fiumedinisi non lascia (quasi) nulla al caso, perché come ama dire lui: “La buona politica non è improvvisazione”. E Cateno De Luca, come ogni attore (prestato alla politica), segue ormai un copione che conosce alla perfezione e non vuole “disturbatori” nella sua recita. Rien ne va plus…

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