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Ccpm Taormina al passo d’addio, in Italia la vita dei bambini è un carretto da smontare

L’arbitro sta per fischiare la fine delle partita e Taormina è ormai ad un passo dalla sconfitta sulla Cardiochirurgia Pediatrica. Lo scenario lo avevamo anticipato in tempi non sospetti ed è la triste cronaca di una morte annunciata, perché la vicenda la conosciamo bene e soprattutto abbiamo piena consapevolezza delle tante, troppe, chiacchiere che si sono fatte su questa vicenda mentre altrove si apparecchiava la “tavola” per portare via il reparto e lasciare Taormina con un pugno di mosche in mano e il solito requiem paesano di un territorio che prende consapevolezza di un problema solo quando i margini di manovra per risolverlo sono già stretto.

Dispiace soltanto per le famiglie dei bambini ricoverati ed in cura a questo reparto, che da sempre, sin dal primo momento, lottano e si battono con eccezionale generosità per salvare il centro e ci hanno messo la faccia e il cuore per scalare una montagna a mani nude. Hanno ricevuto mille promesse ma poi la rassicurazione fa rima con l’illusione. E ovviamente, allo stesso modo, c’è da evidenziare il gran lavoro di un’equipe medica che ha fatto in tutti questi anni la sua parte, qui e anche all’estero in delle missioni umanitarie. Un contributo professionale e umano che ha caratterizzato tutti questi anni con risultati di rilievo.

Il Ccpm Taormina è un’eccellenza che dal 2010 ad oggi ha salvato tante piccole vite sotto la gestione del Bambino Gesù di Roma e prima ancora sempre all’ospedale San Vincenzo già c’era un reparto di Cardiochirurgia Pediatrica anch’esso degno di nota. Da tre lustri a questa parte Taormina ha alzato l’asticella ed è diventata eccellenza in senso assoluto in questo ambito, rappresentando un punto di riferimento in Sicilia e nel Mezzogiorno. Ma il Ccpm a Taormina ha sempre avuto una lunga fila di enti e personalità, non solo politiche, che sin dal primo momento hanno soffiato a vario titolo sul fuoco della contesa e sul vento di una chiusura. Ricordiamoci che in origine il reparto era già destinato a rappresentare una presenza provvisoria in attesa che venisse riaperta la Cardiochirurgia Pediatrica a Palermo. E allora non era difficile fare la lettura di uno scenario in cui Taormina fa ombra a Palermo, ma Taormina è anche sempre stata pure nel mirino di Catania e Messina, pronte da sempre a sferrare l’assalto per prendersi allo stesso modo quell’eccellenza.

Nel tempo non si è mai andati oltre una sterile lotta fatta di tante belle parole e poca sostanza, e ci riferiamo agli attori istituzionali che potevano ribaltare l’inerzia della partita ma non l’hanno fatto. Non si è mai cercato realmente di anticipare la tempesta finale. Ci si è illusi che una lunga sequenza di proroghe da 6 mesi o 1 anno fosse la panacea di tutti i mali, la via maestra per la salvezza di una stabilizzazione che, non a caso, non c’è mai stata. Si è commesso, soprattutto, l’errore madornale di trasformare la vicenda in una battaglia mediatica fondata su piedi d’argilla. Una continua passerella a suon di selfie, foto e video in reparto per dire “Salviamo il Ccpm”. Eventi anche lodevoli ma lo stillicidio del politico di turno che dichiarava puntualmente “Lo salveremo”, “Ho parlato con Tizio che ha parlato con Caio e mi ha rassicurato”. “Lo stiamo salvando”, Ma lo state salvando come? A chiacchiere. Il modulo tattico, per dirla in gergo calcistico, è stato quello della palla avanti, da lanciare tanto per spazzare l’area. Un rinvio nella terra di nessuno senza una reale strategia in grado di andare al bersaglio e sanare il vulnus della “decreto Balduzzi”, che prevede una struttura ogni 5 milioni di abitanti. Una normativa trappola che ha messo i chiodi nella bara del Ccpm sin dal primo momento, zavorrandone la posizione e condannandolo ad una permanente condizione di precarietà. Un quadro, ribadiamolo, con Taormina stretta nella morsa delle big siciliane e con un intero distretto sanitario che anziché fare una lunga sequenza di inutili lettera carta straccia avrebbe dovuto mettere le tende a Roma, sotto la porta d’ingresso del Ministero.

Si dirà che la richiesta di deroga al Ministero della Salute c’è stata. E’ vero, è stata avanzata a metà maggio dello scorso anno, meglio tardi che mai, quando la Regione Siciliana ha così comunicato di aver trasmesso l’istanza a Roma: “In Sicilia possono coesistere in modo permanente due centri di cardiochirurgia pediatrica, come avviene già in Veneto (a Padova e a Verona) dove la popolazione residente è analoga. Lo sostiene la Regione nella richiesta di deroga al “decreto Balduzzi” inviata al ministero della Salute. Così resterebbe in funzione il reparto attivo da oltre 10 anni al San Vincenzo di Taormina, accanto alla nuova struttura del Civico di Palermo, mantenendo l’impegno con le famiglie dei piccoli pazienti”. La Regione ritiene “imprescindibile mantenere la funzionalità di entrambe le strutture di eccellenza, con procedure di evidenza pubblica“.

Bene, problema risolto. Anzi no. Il Ministero cosa ha fatto sin qui? Ha dato l’ok alla deroga? No. Ha preso tempo su quella richiesta e ha dilatato i tempi delle valutazioni. Ma valutare cosa? Non è un segreto che i report della Cardiochirurgia Pediatrica di Taormina siano idonei e perfetti a garantire una permanenza stabile del reparto nella sua attuale sede. Poi, però, è chiaro che volere è potere, non volere è non potere. E si sa che quando i tempi si allungano, all’orizzonte il cielo si fa plumbeo. Nei palazzi che contano della politica non c’è mai stata e (almeno sino ad oggi) non c’è una reale volontà di cambiare la prospettiva e lasciare il Ccpm a Taormina.

I campanelli d’allarme sono stati innumerevoli ma ci è illusi di risolvere il problema a suon di proroghe, prendiamo tempo e poi tra 6 mesi si vedrà. E di proroga in proroga si è posticipata la risoluzione della questione, anziché afferrare il toro per le corna una volta per tutte.

Ed eccolo lo “scippo” che si materializza, con il fiocco e lo spumante in ghiaccio già pronti. L’addio è vicino e il sipario addirittura sarebbe destinato a calare da qui a pochi mesi, senza nessun’altra proroga e con tanti saluti a Taormina. Un’impietosa riprova che bisognava preoccuparsi di portare non la gente al Teatro Antico, ma con i pullman a Roma. Mettere pressione nelle sedi opportune, muoversi per tempo e non quando l’arbitro sta per fischiare la fine delle ostilità.

E’ un addio amaro, amarissimo, uno schiaffo in faccia non solo a Taormina ma a un intero comprensorio. Un pugno nello stomaco, una mortificazione evidente ad un territorio che fa girare la giostra (economia, turismo, etc) della Sicilia ed è un riferimento anche nel Mezzogiorno ma che viene percepito all’estero come terra di conquista, dove prendere e non lasciare, arraffare qualcosa e farne bottino di guerra.

L’auspicio è che possa prevalere il buon senso e forse c’è ancora una piccola speranza da inseguire, non è neanche il tempo delle polemiche e della “caccia alle streghe” che non porta da nessuna parte, ma bisogna cambiare approccio e visione, compattare il fronte per una vicenda in cui tutti e nessuno escluso dovrebbero fare la loro parte per impedire questa chiusura. Siamo alla resa dei conti e come in ogni capitolo della vita, la differenza in una direzione o nell’altra la fa sempre la capacità di combattere una battaglia tosta, con la faccia giusta.

Si dovrebbe comprendere, intanto noi, e poi far capire agli altri che Taormina merita rispetto. Anzi lo pretende. Qui non è periferia dell’impero e la vita dei bambini non è un carrettino siciliano da montare e smontare a piacimento. Apri, chiudi, metti, togli, proroghi, non proroghi, prendi e sposti. Ma cos’è, un reparto d’ospedale o una bancarella del torrone?

Se poi chiusura sarà, perché l’Italia è quel Paese che ragiona spesso per logiche di potere e non per puro senso di umanità, allora perlomeno si abbia la decenza di non tirare fuori di nuovo la storia di una chiusura “inevitabile” e “imposta” dal decreto Balduzzi. Un paravento normativo che rasenta il tragicomico nell’Italia che vuole fare la morale mentre spreca l’impossibile sulla sanità, un decreto talmente assurdo (e già bypassato altrove), che al posto degli amministratori di di questa zona, lo avremmo preso e buttato nel wc, foglio per foglio. Via in un wc, tirando lo sciacquone a quelli che lo hanno scritto e a quelli che ancora oggi ne antepongono vincoli e paletti chilometrici al sacro diritto-dovere di salvare delle piccole vite, sempre e comunque. Il bivio, in fondo, è molto semplice: dare priorità ai bambini o alla burocrazia. Fermarsi in tempo e salvare il salvabile oppure dare corso con disinvoltura a un’altra vergogna all’italiana, l’ennesima. Senza rispetto per le famiglie.

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