HomeAttualità e CronacaCaos salario minimo, Elly chieda conto anche ai sindacati. Taormina docet

Caos salario minimo, Elly chieda conto anche ai sindacati. Taormina docet

Polemiche e persino rissa sfiorata in Parlamento sul salario minimo. La Camera dà il via libera alla proposta di legge recante deleghe al governo in materia di retribuzione dei lavoratori e di contrattazione collettiva, nonché di procedure di controllo e informazione. E puntualmente scoppia il caos in aula.

Il testo che passa ora all’esame del Senato trova contraria l’opposizione che non fa mistero della propria contrarietà totale alla posizione del governo. “Oggi è un giorno triste, oggi che accartocciate con una mano la proposta di salario minimo delle opposizioni e con l’altro date un manrovescio a milioni di lavoratori poveri. Vorremmo sapere perché Meloni ce l’ha così tanto con i poveri. Voi all’ascensore sociale state tagliando i fili perché chi è povero resti povero”, ha detto nell’Aula della Camera la segretaria del Pd Elly Schlein in dichiarazione di voto.

Ma il punto sembra essere decisamente un altro: le opposizioni possono anche avere ragione e probabilmente fanno anche bene, benissimo, a protestare sul tema, anche se non si comprende perché Pd e M5S non abbiano fatto loro questa riforma nell’ultimo decennio in cui non c’era il centrodestra al governo. Tuttavia la lite tra centrodestra e centrosinistra serve tanto quanto. Chi ha consentito che i lavoratori venissero centrifugati e spremuti come un limone per quattro soldi? La politica ma anche i sindacati. La verità bisogna sempre dirla tutta e sino in fondo.

E d’altronde un piccolo esempio è anche Taormina e l’intero comprensorio, il primo polo turistico siciliano, dove al netto dei disastri colossali prodotti in anni recenti dal Reddito di Cittadinanza, ci sono aziende che si comportano in modo esemplare ma ce ne sono anche diverse altre che da parecchi anni a queste parti hanno tirato fuori contratti recanti accordi di sigle minori, che non fanno parte dell’alveo delle organizzazioni sindacali nazionali. Si sono diffusi contratti che non sono nemmeno lontani parenti del CCNL (il contratto collettivo nazionale di lavoro, per intendersi). Risultato? In diverse attività i lavoratori si sono fatti un mazzo così per poche centinaia di euro al mese. C’è chi lavora per X ore al giorno e invece lavora in realtà per Y ore e non occorrono numeri per chiarire ulteriormente un fenomeno ben noto, nel quale pure il part-time è diventato l’altra – comoda – faccia della medaglia di contratti in cui le ore di prestazione sono superiore al monte orario poi presente in busta paga. Tutto in regola (si fa per dire) sul piano formale, nella sostanza invece una fregatura legalizzata, anzi istituzionalizzata, che è stata consentita con tanti saluti al diritto del lavoratore. La battaglia andava e andrebbe fatta dai principali sindacati in primis, che non dovrebbero lasciare spazi a quelle sigle minori che si sono incuneate con i contratti capestri. E lì che si deve sbarrare completamente la strada a dinamiche mortificanti della dignità della gente.

Non a caso il premier Giorgia Meloni ha risposto provocatoriamente: “Mi incuriosisce la posizione dlcuni sindacati che vanno in piazza per rivendicare la bontà del salario minimo ma quando vanno a firmare i contratti collettivi accettano contratti da poco più di €5 l’ora, come è accaduto di recente con il contratto della sicurezza privata. Quindi, voglio dire, bisognerebbe essere anche un po’ più coerenti”.

La politica deve fare la sua parte e si deve assumere le proprie responsabilità ma i sindacati hanno il dovere di fare altrettanto. L’eterno scontro tra il governo di turno e la politica in generale, con le maggiori sigle sindacali, è un pò il paradigma di un famoso detto: “tra i due litiganti il terzo poi gode”. E qui a goderne sono poi quelle piccole sigle minori che si prendono fette di mercato e impongono logiche inaccettabili in alcuni pezzi di tessuto socio-economico.

Ecco perché occorre fare una grande battaglia nei territori per contrastare – e quindi denunciare – situazioni che si traducono in una condizione di sfruttamento del lavoratore e determinano anche un regime di concorrenza sleale tra gli operatori economici.

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