HomeEditorialiLo scivolone di De Luca: Taormina non è una "consolazione" ma un...

Lo scivolone di De Luca: Taormina non è una “consolazione” ma un privilegio

“Nel 2023 ci siamo ritrovati a Taormina. Quando sono arrivato lì la mia riflessione è stata: “U signuri ci desi u pani a cu non avi i denti” (il Signore ha dato il pane a chi non ha i denti, ndr). Quando sono arrivato era un Comune dissestato, cioè fallito da tutti i punti di vista. Abbiamo fatto un gran lavoro, in un anno abbiamo chiuso il dissesto, passando agli annali della storia del Ministero degli Interno e abbiamo concluso il 2024 con 45 milioni in banca, pagando i debiti e tutto. Taormina per me, l’ho detto, sempre: era il premio di consolazione, non avendo potuto raggiungere il mio obiettivo (di fare il presidente della Regione, ndr) e quindi ho detto “mi accontento della Sicilia in piccolo”, l’allenamento. I risultati sono arrivati e il comune lo abbiamo risanato e messo a sistema. Abbiamo fatto un percorso che dimostra la nostra coerenza”.

Qui comincia e finisce lo spazio dedicato da Cateno De Luca a Taormina nella sua convention a Palermo. L’adunata di Sud chiama Nord è durata 3 ore e 43 minuti. Un’ora e 39 minuti di relazione del leader, all’interno 112 secondi, (quasi) 2 minuti per la città di cui oggi è sindaco.

Non è passata inosservata, in particolare, un’espressione di De Luca, l’istante in cui definisce “il premio di consolazione”, e aggiunge pure “l’allenamento”. Attenzione, è storia nota che De Luca abbia ripiegato su Taormina perché non ce l’ha fatta a diventare presidente della Regione. Ha annunciato la sua candidatura a sindaco la sera stessa del 26 settembre 2022 ad urne delle Regionali ancora aperte, e noi quella candidatura l’avevamo anticipata su TN24 molto prima, il 30 aprile 2022, quando gli strateghi politici paesani – avvolti nella fitta nebbia della loro mediocrità – non credevano a quella discesa in campo e se la ridevano nei bar, salvo poi farsi portare a spasso e travolgere in campagna elettorale dallo straniero. Il resto è storia, alle elezioni comunali del 26 e 27 maggio 2023 De Luca ha messo i chiodi nella bara a un’intera classe politica con la presa di Taormina e un’altra bandierina ad arricchire il suo palmares tricolore.

“Era già tutto previsto” cantava Riccardo Cocciante. De Luca ha virato su Taormina, a suo tempo, perché dopo le Regionali del 2022 si prospettavano due anni senza tornate di voto, sino alle Europee 2024. “Non sarei rimasto disoccupato”, ha già specificato il parlamentare che, al netto degli impegni all’Ars, aveva però bisogno di una vetrina politica e una ribalta mediatica tutta sua. Quale palcoscenico migliore di Taormina?

La questione è un’altra: De Luca l’amministratore lo sa fare, lo ha dimostrato, su questo non ci piove e gli va riconosciuto. Tuttavia si è scocciato troppo in fretta di fare il sindaco di Taormina. Si potrebbe dire che prima ancora di aver stabilito il primato del dissesto chiuso in un solo anno (i commissari sui meriti la pensano diversamente, ndr), ha firmato il record di un sindaco che si è annoiato a fare il sindaco di Taormina dopo soli 3 mesi dalla sua elezione. Ha tolto le mani dal volante già al tramonto della sua prima estate taorminese e tanti saluti ai suonatori. A settembre del 2023 si è catapultato nella sciagurata campagna elettorale di Monza per il Senato, un errore colossale, lo sliding doors di questa sindacatura e più in generale della parabola politica deluchiana. Una scelta sbagliata che gli altri attorno a lui, anziché limitarsi a battere le mani, avrebbero dovuto stoppare. Quindi il bis con la forzatura delle Europee 2024 (“un grande fallimento”, ipse dixit). Sergio Marchionne declina la narrazione del leader sempre solo, ma nel caso del leaderismo di De Luca la verità è che attorno non esiste nessuno che abbia la personalità e la postura politica necessaria per dialogare con lui senza limitarsi ad incassare la somministrazione dei compiti per casa. Si dirà, per il rovescio della medaglia, che chi ci prova a cambiare la rotta viene cacciato dopo 10 secondi ma qui bisognerebbe capire dove comincia l’insofferenza del capo ai confronti e dove finiscono le responsabilità della sua prima linea, gelosamente dedita ad isolare il leader e a blindare le posizioni più che a suonare la sveglia per stimolare reali varianti sul tema. Così rimane uno schema che poggiava e si regge ancora oggi sul piano inclinato dell’uomo solo al comando. Ai lati e alle spalle una imperturbabile sudditanza complessiva, a metà tra l’adorazione mistica, la devozione ascetica ed un puro aziendalismo passivo. E non sarà semplice la strada per un movimento che col passo di lato fatto ieri da De Luca dovrà cercare di trovare le ali per volare da solo. Ali che i gregari non hanno mai avuto.

E allora veniamo al dunque: la riflessione di De Luca sulla sua esperienza a Taormina è la sintesi di tutto ma stavolta, nella platealità della prossemica provocatoria e irridente e in quel contesto, la sottolineatura non è affatto piaciuta ai taorminesi. Dopo le perle della “pezza” e dei “baroni”, insomma, è arrivato un graffio che fa discutere, una fastidiosa etichetta che accende la polemica. Di sicuro è uno scivolone che si poteva evitare. Per evidenziarla con estrema schiettezza belgradese: Cateno De Luca non è riuscito a comprendere, e forse nessuno lo ha aiutato a percepire questo, che Taormina non può essere considerata alla stregua di un ripiego, non può essere battezzata come “una consolazione”. Fare il sindaco di Taormina è un privilegio. Una posizione di prestigio, onore concesso a pochi e non una fermata dell’autobus. Taormina non è neanche “la Sicilia in piccolo” o “in miniatura”: Taormina è semplicemente la Sicilia, perché se vai fuori, nel resto d’Italia e all’estero, e chiedi della Sicilia la prima cosa che ti rispondono è Taormina. Chiedere a Goethe, Guy Maupassant, Oscar Wilde, Truman Capote e tanti altri che hanno scritto ma prima ancora raccontato il sentimento della grande bellezza e l’eccezionale privilegio di vivere questo posto.

Taormina per De Luca poteva tradursi nella grande opportunità di spingerlo in cavalleria alla conquista della presidenza della Regione, in una fase in cui era già al 24% di consensi nell’isola. Non esiste controprova ma è probabile che le cose sarebbero andate così, se soltanto il leader avesse percepito l’importanza di limitarsi a fare una cosa: restare qui e fare il sindaco di Taormina per 3-4 anni, ma con assiduità e dedizione, non una tantum. Ha avuto un mandato plebiscitario con il 65% e non è un caso che 12 mesi dopo la gente gli abbia recapitato un segnale chiaro, riducendo quel consenso locale al 37% (alle Europee, ndr) non perché fossero apparsi all’improvviso sulla scena altri fenomeni politici da votare ma per far capire al sindaco che la dinamica ostinata di una presenza a spizzichi e bocconi non va. Ecco perché De Luca avrebbe dovuto (e dovrebbe) fare il sindaco tra la gente, come sa fare quando ha voglia di farlo. Far sentire la sua presenza tra le strade di quella comunità che lo ha voluto e votato e qui da tempo non lo ha più visto, in primis nelle frazioni. Allo stesso modo non c’è stato sinora neppure il dialogo con quelle forze produttive e le associazioni che si ritrovano ai margini delle scelte per la città, costrette tutto al più al “contentino” di qualche incontro interlocutorio con gli assessori. Che poi, non per colpa loro, non hanno potere decisionale, perché prima viene il sindaco e poi l’esperto.

Taormina sarebbe potuta essere per questo sindaco il trampolino di lancio verso il suo sogno palermitano, più di qualsiasi altra geometria variabile e senza dover passare dagli avvitamenti acrobatici che ora De Luca è costretto a dover confezionare per uscire dall’isolamento politico attraverso il disgelo tattico con Renato Schifani e gli accordi romani con Fratelli d’Italia, verso le seconde nozze con il centrodestra. Bastava evitare di “cacciarsi” nella trappola di Monza e non intestardirsi con le Europee. La “consolazione di Taormina” è il paradigma di un allenamento a fiammate, cornice dell’agenda politica con il Comune affidato alla conduzione di Massimo Brocato. Non un esperto ma un sindaco ombra, responsabilizzato a guidare lui la città con i poteri del sindaco e degli assessori e consiglieri messi insieme e moltiplicati per tre (più Iva). De Luca dà gli indirizzi e telecomanda a distanza, Brocato sviluppa la trama, governa in loco e con il segretario generale predispone le delibere e gli atti importanti. Palla avanti e pedalare con gli uffici al traino. Poi si va in Giunta e in Consiglio e si ratifica. Cheese, tutti in posa, pronti per la foto e la seduta è tolta.

“Dopo oltre 30 anni da uomo di partito, ora divento architetto e costruttore del futuro della Sicilia”: così De Luca disegna la sua metamorfosi, tenta la strambata e si gioca tutto. L’imperatore del Nisi si smarca con il carico della sorpresa all’orizzonte che pochi hanno capito ieri. Operazione Garbatella, missione Palazzo d’Orleans e tutto il resto è contorno. Buon San Valentino e fate l’amore a Taormina, Urbs notabilis e Città della Consolazione per allenamenti politico-campestri.

ARTICOLI CORRELATI

POTREBBE INTERESSARTI

SEGUICI SUI NOSTRI SOCIAL

35,880FansMi piace
14,200FollowerSegui