Cecilia Sala non è in stato d’arresto, è “ostaggio” in Iran. E’ questa la premessa che bisogna fare con chiarezza per comprendere la difficoltà che attende il governo italiano nell’azione finalizzata ad ottenere il rilascio della giornalista italiana detenuta in un carcere di Teheran. Da quelle parti non si scherza. La ragazza, a quanto risulta, è stata persino privata dei suoi occhiali di vista ed è in prigione al freddo, in una cella d’isolamento. Con una luce sempre accesa che le viene puntata in faccia, priva di un cuscino e costretta a dormire per terra.
Nel frattempo colpisce invece in positivo la grande dignità della madre di Cecilia, Elisabetta Vernoni, che al termine dell’incontro a Palazzo Chigi con il presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha parlato ai reporter del Tg4, mostrandosi evidentemente in apprensione ma sempre composta e misurata nelle parole e nei toni, speranzosa in una svolta ma senza mettere pressione alle Istituzioni. “Questo incontro con Giorgia Meloni mi ha aiutato: ci siamo guardate negli occhi, anche tra mamme. La fiducia è tanta, sicuramente stanno lavorando e io sono un po’ come Cecilia, sono un po’ un soldato, aspetto e rispetto il lavoro che stanno facendo. Quello che potrò fare da parte mia lo farò, sicuramente loro stanno facendo il loro”, ha detto la Vernoni. Parole importanti. Come allo stesso modo va sottolineata la prova di compattezza e di maturità della politica italiana, con la maggioranza e le opposizioni che si sono unite per affrontare insieme la vicenda. Ha ragione Elly Schlein: “Con voce univoca ci si adoperi affinché sia garantito il rispetto dei diritti fondamentali. Calpestare la dignità di Sala significa calpestare la dignità dell’Italia”. Egualmente condivisibili le dichiarazioni di Renzi: “Nessuno di noi vuole far mancare il proprio sostegno al Governo perché davanti all’arresto illegittimo di una cittadina italiana, a maggior ragione se giornalista, non c’è maggioranza e non c’è opposizione”.
Il vero ostacolo che non sarà facile superare è che Sala non viene considerata dall’Iran una detenuta ma, come detto, un ostaggio. “Merce di scambio” che gli iraniani vorrebbero fare con Mohammad Abedini Najafabadi, l’ingegnere svizzero-iraniano arrestato a Malpensa il 19 dicembre su richiesta degli Stati Uniti. E nel frattempo c’è una richiesta di estradizione avanzata per Abedini dagli Usa con l’accusa di terrorismo. Il 38enne, detenuto nel carcere di Opera vorrebbe i domiciliari, che però sinora non gli sono stati concessi. Al momento le contestazioni mosse alla giornalista appaiono generiche a conferma che l’obiettivo delle autorità iraniane è quello dello scambio con Abedini.
E allora il governo cosa farà? Anzi cosa può fare? Un eventuale scambio con Abedini non è semplice come qualcuno vuol far credere, anche perché c’è la magistratura, ci sono i giudici e se non c’è neanche la concessione degli arresti domiciliari all’ingegnere svizzero-iraniano, come si può immaginare di scarcerarlo e consegnarlo all’Iran? E gli Usa cosa direbbero? E’ inverosimile pensare che l’Italia voglia fare uno “sgarbo” al governo americano sulla questione di Abedini. Di certo gli iraniani non molleranno di un millimetro. E’ una trattativa che impegnerà con un alto coefficiente di difficoltà la Farnesina.
L’augurio è che si riesca a riportare a casa questa ragazza ma bisognerà accelerare perché nessuno sa quanto potrà resistere questa 29enne che sta affrontando condizioni ambientali e psicofisiche estreme, costretta all’incubo di una detenzione ingiusta che non è frutto di un arresto motivato ma di un perfido e inaccettabile ricatto. Da parte nostra solidarietà e rispetto per Cecilia Sala, una brava collega che deve essere liberata subito e non merita una tale sofferenza.