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Salvini si gioca tutto: (non) rischia il carcere, Open Arms deciderà il suo destino politico

E’ arrivato il momento della verità per Matteo Salvini. Il vicepremier venerdì 20 dicembre saprà se dovrà andare in carcere per i fatti della Open Arms. La vicenda ormai è nota, con i giudici di Palermo che decideranno le sorti del ministro dei Trasporti, nel 2019 titolare del Viminale. Salvini è accusato di sequestro di persona e rifiuto di atti d’ufficio dopo aver impedito per 19 giorni lo sbarco di 147 migranti soccorsi dall’Ong spagnola. La Procura ha chiesto 6 anni di reclusione per Salvini.

Secondo i giudici “le convenzioni internazionali sono chiarissime – si legge nella richiesta di condanna – Non si può chiamare in causa la difesa dei confini senza tenere conto della tutela della vita umana in mare. Ecco perché i migranti andavano soccorsi, concedendo subito un porto sicuro”. Oltre alla richiesta dei giudici, i legali di alcuni dei naufraghi hanno chiesto anche un risarcimento danni per i loro assistiti per un totale di oltre 1 milione di euro. Adesso è l’ora x: Salvini sarà assolto o condannato, il verdetto è vicino, con il leader leghista che, intanto, ha già fatto sapere che non si dimetterà anche in caso di sentenza a lui sfavorevole.

Di per sé Salvini avrebbe – dal nostro punto di vista – ragione e – almeno secondo noi – questo processo non ha motivo di esistere ed in carcere dovrebbero andarci altri. Può aver fatto bene o male ma la cosa riguarda l’alveo delle decisioni politiche di un governo e dei suoi rappresentanti. Dietro le sbarre devono finire quelli che commettono reati di conclamata gravità: chi uccide, chi stupra, chi spaccia, chi ruba, chi aggredisce le donne, chi picchia le forze dell’ordine, chi truffa e se la prende in generale soprattutto con i più deboli, etc. Ma il punto è un altro.

Salvini lo sa anche lui che, alla fine, in carcere non ci andrà, a meno di cataclismi difficilmente immaginabili, ma sta caricando di un forte significato questo processo, sapendo che è anche e soprattutto un processo politico. Vuole cavalcare l’onda del sentirsi perseguitato per riguadagnare consensi nell’immaginario popolare.

Rischia sul piano personale ma lo ha compreso che è in gioco ancora di più il suo destino politico. Per questo sta spingendo sul piano mediatico la questione, ne ha fatto e ne continua a fare un cavallo di battaglia, ha pure lanciato il countdown in vista della sentenza. Ora è il giorno zero, il conto alla rovescia è finito e Salvini spera nell’assoluzione ma per assurdo c’è chi azzarda che non disdegnerebbe una condanna in primo grado, che ne farebbe un “martire” agli occhi della gente, perlomeno di quelli che sono dalla sua parte. Si augura anche che gli sviluppi della vicenda possano rilanciarlo in un quadro politico che lo ha visto passare dal 34% del 2019 a poco più dell’8% attuale.

Salvini vorrebbe invertire la rotta rispetto ad un salto all’indietro che ne ha ridimensionato il peso politico nel centrodestra, mentre Giorgia Meloni al contrario è passata in questi anni dal 4% al 29% attuale. E, come se non bastasse, Forza Italia, che sembrava finita con la morte di Silvio Berlusconi, ha confezionato la propria resurrezione e addirittura ha sorpassato la Lega. Adesso è in discussione la leadership della Lega, con i vari Zaia e Fedriga che aspettano al varco Salvini e c’è l’ombra pure del generale Vannacci, che alle Europee ha portato i voti alla Lega e a Salvini necessari per scongiurare la crisi. Vannacci fa sapere da Bruxelles di solidarizzare con Salvini ma non disdegnerebbe di diventare proprio lui “l’erede” al timone del Carroccio. Ci spera ed è pronto a prendersi lui la scena.

La sentenza Open Arms diventa potenzialmente una sorta di “last dance” per Salvini, la sfida senza appello che vale il bivio umano di una condanna o un’assoluzione ma ha preso ancora prima i contorni del crocevia per le sorti politiche del Capitano.

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