Si intensificano le manovre politiche di Cateno De Luca verso il centrodestra, sull’onda di un dialogo che avanza e un accordo che pare avvicinarsi, tra incontri, contatti, livori da smussare e accordi futuri da intrecciare e altri patti già imbastiti da tempo. Il leader di Sud chiama Nord ha fretta di tirare fuori il suo movimento dalle secche dell’isolamento nazionale che poi è diventato anche e soprattutto un quadro complicato in Sicilia.
L’obiettivo deluchiano di cavalcare l’alternativa di un’intesa con il centrosinistra è ormai sfumato. Da quella parte regna “sovrana” la confusione e la sinistra viaggia verso l’inesorabile prospettiva di un’altra sconfitta alle future Regionali e verosimilmente lo stesso accadrà alle Politiche, con l’attuale segretaria del Pd, Elly Schlein, che da quando guida i democratici ha guidato il suo partito (e la coalizione) a 11 ko e una sola vittoria nelle competizioni delle varie regioni italiane. Un ruolino di marcia impietoso, che si commenta da solo, ed è li che per qualche tempo paradossalmente ha pensato di “imbucarsi” tuttavia De Luca, sperando di poter fare il candidato alla presidenza della Regione in una coalizione che è nemmeno una coalizione. E allora eccolo il rischiatutto obbligato, si va verso il ritorno di De Luca nel centrodestra, dopo la lunga stagione della corsa solitaria con Sicilia Vera e poi Sud chiama Nord.
Si rincorrono voci, indiscrezioni, si racconta e si favoleggia sulla trattativa che De Luca sta portando avanti con il centrodestra. Al netto di tutto qualche certezza, tuttavia, già c’è e l’avevamo anticipata in tempi non sospetti su TN24. De Luca vuole blindare il suo rientro nel centrodestra lavorando ad una prospettiva in cui spera che il futuro candidato alla presidenza della Regione Siciliana venga poi scelto tra due nomi: Gaetano Galvagno o Marco Falcone. Il sindaco di Taormina ha realizzato che (al momento) non sembrano esserci per inseguire il suo sogno della prima ora di essere lui il candidato e allora apre al passo indietro ma a condizione che si vada nella direzione di una leadership a lui gradita. Così ci sarebbe la disponibilità ad un futuro sostegno a due big della “new era”. Con Galvagno l’intesa è totale, De Luca tifa per lui, per il presidente dell’Assemblea Regionale Siciliana, e spera che Fratelli d’Italia riesca poi ad imporre la sua candidatura, nel quadro di un’intesa di centrodestra che veda proprio il partito di Meloni ricevere il testimone della presidenza da Forza Italia, che attualmente la detiene con Renato Schifani. E se poi la presidenza dovesse invece essere ancora in quota a Forza Italia, a quel punto De Luca auspicherebbe una nomination di Falcone. Con l’europarlamentare c’è stima e rispetto di vecchia data, i rapporti sono cordiali e De Luca “sposerebbe” questa soluzione.
Ma c’è da fare i conti con altri due big di Forza Italia. Uno è chiaramente il presidente della Regione in carica, Renato Schifani, la cui ricandidatura è stata, di fatto, già preannunciata dal segretario di Forza Italia, Antonio Tajani, nei giorni scorsi alla convention azzurra a Palermo. Una blindatura che sembra chiudere ogni discorso già in partenza. Schifani, d’altronde, non si sta scomponendo, vuole “cuocere a fuoco lento” i vari complottisti del palazzo, e si mostra sereno di fronte alle strategie dei vari pretendenti al trono, un balletto ad oltranza di candidati e autocandidati iniziato sin da giorno successivo alla sua elezione nel settembre 2022, una guerra di posizione che poi non ha portato a nessun ribaltone. E, per assurdo, la forza di Schifani non è soltanto la fiducia incassata dai vertici del suo partito ma anche la scaltrezza politica degli alleati di maggiore peso, descritti dalle solite narrazioni giornalistiche ariafrittiste come suoi “nemici giurati”, da Lombardo a Cuffaro in primis. Per la serie: potranno anche dirsene di ogni e scontrarsi, ma anche loro non hanno nessuna intenzione di farsi da parte e consegnarsi ai giovani rottamatori. C’è tempo per le rivoluzioni e i leader di Mpa e Dc restano determinanti. La new era può attendere.
La ricandidatura di Schifani è uno scenario concreto, più di quanto forse si pensava, e forse non è una casualità che nei giorni scorsi c’è stato pure un incontro a sorpresa tra il presidente e De Luca. Un colloquio che ha sorpreso e fatto discutere dopo tre anni di scontro feroce e bordate senza tregua scagliate da Scateno contro il presidente. Ma la manovra di depressurizzazione del clima politico che sta portando avanti De Luca prevede un approccio “istituzionale” anche agli avversari con i quali c’è stata una guerra senza tregua. De Luca sa che non può più continuare a cannoneggiare Schifani se vuole riposizionarsi nel centrodestra, sarebbe un controsenso e rischierebbe di sbarrargli la strada alle intese work in progress a Roma. Scateno sceglie il disgelo ma spera evidentemente che l’attuale governatore non venga ricandidato nel 2027 e si augura che questo quadro alternativo possa maturare dal confronto tutto interno alla maggioranza, tra Forza Italia e Fratelli d’Italia.
In ogni caso, a proposito di “new era”, i giochi per la futura presidenza della Regione passeranno obbligatoriamente da un big di Forza Italia che in questa fase si sta tenendo lontano dalle schermaglie politiche e mediatiche e che è soprattutto forte di uno straordinario consenso nell’isola: stiamo parlando di “Mister 121 mila”, come lo hanno ribattezzato. Ovvero Edmondo, Edy, Tamajo, assessore della Giunta Schifani che in Forza Italia è il più votato e alle Europee ha vinto il derby azzurro con Falcone (che ha comunque ottenuto, anche lui, un gran risultato con 100 mila preferenze). Tamajo è uno dei “papabili” per arrivare alla presidenza della Regione, lui stesso lo sa bene, rimane al fianco di Schifani e sa che arriverà il suo momento. Le sue valutazioni avranno un peso rilevante ma “Mister 12 mila” ha scelto la strategia dell’attesa, non vuole forzare la mano e nel frattempo continua a macinare consensi e si conferma operativo su tanti fronti.
Tamajo ha acquisito sul campo lo status di big della prima linea politica siciliana, consacrandosi tra quelli che decideranno gli equilibri e le sorti delle prossime tornate elettorali. Probabilmente, in quest’ottica, non è il nome preferito nei nuovi piani di De Luca, anzi è un nome che nelle valutazioni deluchiane ha un profilo politico che potrebbe complicare le strategie di rilancio di Sud chiama Nord e di riposizionamento in un nuovo centrodestra siciliano. I soliti malpensanti e i bene informati (fate voi) raccontano, insomma, che De Luca non vuole Tamajo alla presidenza della Regione e, d’altronde, Tamajo non si è mai appassionato, a sua volta, alle vicende di Sud chiama Nord. Si rispettano ma non si “amano”, mettiamola così, politicamente parlando, e non soltanto perché tra i due si sono già registrate scintille come il botta e risposta nei comizi delle Europee 2024. Caratterialmente e politicamente si prendono poco. Non c’è feeling e, come detto, De Luca sta percorrendo altre vie. Ha scongelato i rapporti con Schifani, perché d’altronde non si può proseguire con lo scontro ad oltranza, e ha scelto i due volti emergenti con i quali sarebbe disposto a fare il vicesindaco di Sicilia. De Luca tra i nuovi big “tifa” per Galvagno e/o Falcone: Galvagno se prevarrà Fratelli d’Italia, Falcone se la spunterà Forza Italia. Tutto il resto, ad oggi, sono alternative che non accendono i sogni di riscossa del sindaco di Taormina.
Attenzione, ovviamente, perché poi in politica tutto può cambiare dalla sera alla mattina. La politica è l’eterna arte del compromesso e del “mai dire mai” e la nuova fase deluchiana, in fondo, è una declinazione significativa di questo concetto. De Luca ha deciso di aprire un’altra stagione, dismette i panni arrembanti di Scateno per vestire quelli istituzionali di Cateno. Ieri furente nell’uno contro tutti, oggi moderato (anche se La Vardera lo fa arrabbiare…), proteso al dialogo con tutti o quasi. Anche con il “nemico” Schifani. O forse è più corretto dire “l’ex nemico” Schifani?