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Zero alibi, L’Italia del calcio come i suoi politici: un fallimento, una vergogna

L’Italia del calcio perde lo spareggio contro la Macedonia e non andrà ai Mondiali in Qatar. E’ la seconda volta consecutiva che accade, e’ un disastro epocale, a maggior ragione in un Paese che vive per il pallone e ha 54 milioni di commissari tecnici in servizio permanente nei bar, alla tastiera del PC e davanti alla TV. Peggio della disfatta con la Corea, peggio della Svezia quando c’era Ventura in panchina. In pochi mesi l’Italia del trionfo agli Europei si e’ sciolta come neve al sole, e’ diventata l’Italia di un altro fallimento colossale. Se in 92 minuti tiri per 32 volte senza segnare mai, poi e’ la dura legge del calcio che si prende la scena e ti colpisce senza pietà. E così la sentenza l’ha scritta Trajkovski al 92esimo, al primo tiro in porta della Macedonia.

Dalla gioia di Euro 2020 al miraggio di Qatar 2022 l’Italia si prende un’altra bastonata in testa ed e’ il tracollo totale di una Nazionale che la scorsa estate aveva vinto gli Europei palesando i suoi limiti ma mascherandoli con il cuore e col carattere.

La conquista dell’Europeo aveva esaltato tutti, ci eravamo illusi che quell’Italia fosse vera e forte, che il movimento avesse comunque solidità. A ripensarci oggi, quella vittoria dell’Europeo che ci ha fatto godere, in realtà si e’ rivelata un danno perché il trionfo ha mascherato un movimento di carta velina. Senza progetti e senza futuro, senza una visione di ciò che si e’ e di quel che sarà.

Ci sono regole, talvolta non scritte, da non infrangere anche nello sport come nella vita di tutti i giorni.

Non puoi sfidare l’abc delle cose. Una volta ti può anche andare bene, due no. E se in un Paese come l’Italia, già di suo in crisi di qualità e talenti, la Nazionale finisce per affidare i suoi destini all’impalpabile Insigne, silurato dal Napoli, “pensionato” dal calcio che conta all’alba dei 30 anni e spedito a fare il ricco globetrotter in America (nel “cimitero” del pallone), il finale della storia non poteva che essere questo. Crudele ma inesorabile. Ed è giusto che ai Mondiali non ci andiamo.

Mancini, come capita a tanti allenatori, è entrato in confusione. Si può vivere la confusione da Icaro – si pecca per presunzione – o quella da Ventura (non ci capisci più niente). A Mancini è successo che – calcisticamente parlando – si è “impiccato” al nulla cosmico di Insigne. Uno scugnizzo che voleva essere come Baggio, Totti e Del Piero ma, oltre qualche lampo di talento e l’ossessione del tiro a giro, non arriverà mai a quei livelli e non ha la personalità per caricarsi i destini altrui sulle proprie spalle.

In fondo, la confusione del pur bravo Mancini e il magnetismo che l’inutile Insigne e’ riuscito ad esercitare sul tecnico azzurro (come su altri prima di lui) altro non e’ che la metafora del Paese reale.

La Caporetto dell’Italia del calcio e’ specchio riflesso del disastro dell’Italia dei nostri governanti. Inconcludenti e presuntuosi al potere, pieni di sé e restii a fare un minimo di autocritica. Parlano e quasi ti seducono, ti ammaliano, ti ci appassioni pure ma poi si rivelano vuoti, inadeguati, concentrati su se stessi e incapaci di affronterà i problemi e programmare il futuro. E meno che mai all’altezza di tracciare un percorso di rinnovamento. Piccoli e grandi simboli dell’incapacità di comprendere i propri limiti e andare oltre gli ostacoli, gente che si e’ convinta di essere al centro del mondo ma non e’ in grado di fare la differenza neppure nel giardino di casa propria.

I calciatori della Nazionale e i suoi vertici federali hanno rappresentato e raccontato, niente di più e niente di meno, ciò che è oggi la nostra classe politica. Un fallimento. Una sciagura. Una vergogna. Servirebbe un cambio di uomini e di mentalità ma noi siamo il Paese del mezzo-mezzo, delle finte rivoluzioni che poi diventano delle puntuali restaurazioni.

Zero alibi, andiamo a casa e riflettiamo. Meglio ripartire da zero: peccato che italiani non abbiano le palle per farlo sul serio.

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