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Terremoto FdI in Sicilia: Meloni commissaria il partito. La faida dei big e la carica dei “pacchisti”

Giorgia Meloni dice basta. Fratelli d’Italia da un bel po’ di tempo ormai è diventato in Sicilia un partito autoreferenziale, dove accade tutto e il contrario di tutto, alcuni big (o presunti tali) si contendono la leadership isolana con una contesa serrata all’ultima cortesia al cortigiano di turno, un braccio di ferro con tutti gli annessi e connessi del caso, in cui i commensali esibiscono puntualmente il mantra del “mi manda Giorgia”.

E così Meloni ha deciso di dare un segnale, un sostanziale avviso ai naviganti, a dispetto delle varie anime che sin qui si sono fronteggiate al vertice regionale del partito dei patrioti. La novità ora è la nomina di Luca Sbardella, scelto proprio dal premier per il ruolo di commissario di Fratelli d’Italia in Sicilia. Sbardella erediterà le chiavi di quello che era stato ribattezzato come il “duopolio” di Giampiero Cannella e Salvo Pogliese.

Sbardella ha 52 anni e si è laureato in scienze politiche a Roma. “Sono certa – dice la Meloni – che saprai meritare la fiducia che ti è stata accordata svolgendo il tuo compito nell’interesse del partito e della sua crescita”.

In questo clima di tensioni, ovviamente, la nomina di Sbardella è stata salutata con toni “entusiasti”, anche se appare chiaro ed evidente a tutti che il commissariamento non è per nulla un riconoscimento a come stanno andando le cose in Sicilia. E’ una scelta che traghetterà Fratelli d’Italia verso la futura individuazione (si spera) di un segretario unitario ma nel frattempo è l’ammissione che ci sono dei problemi e probabilmente la stessa Giorgia Meloni ha compreso che le dinamiche siciliane di Fratelli d’Italia rischiavano di creare problemi e imbarazzi al partito e al suo leader in ambito nazionale.

Nelle stesse ore, a Roma, Manlio Messina si è dimesso da vice-capogruppo vicario alla Camera, a quanto pare anche per dare un segnale politico ai colleghi di partito. “Considerata la situazione articolata che sta coinvolgendo il partito in Sicilia da diversi anni – dice il deputato nazionale – e ritenendo tutti responsabili di tale situazione, me compreso, ho deciso di dare un segnale importante a tutta la classe dirigente nella speranza che si possa trovare finalmente unità di intenti sulle scelte e le azioni da mettere in campo. Un in bocca al lupo sincero e affettuoso all’amico Luca Sbardella per il lavoro che si appresta a svolgere”.

E, come detto, è partita una lunga sequenza di commenti che accolgono con “giubilo” di rito (e di facciata) la nomina di Sbardella: dall’ex presidente della Regione, Nello Musumeci, all’ex assessore regionale e ora eurodeputato Ruggero Razza, sino all’attuale presidente dell’Ars, Gaetano Galvagno.

In questo reset è partito lo sprint tra i vari big che cercano di prendere il partito in mano verso le prossime Regionali, ma è la punta dell’iceberg perché c’è anche da fare i conti con la carica dei “pacchisti” all’arrembaggio. E’ il fenomeno da maneggiare con cura, che comincia ad incamminarsi verso il filo sottile del rasoio, di stakeholders veri o presunti, che un giorno sì e l’altro pure, bussano alla porta di Fratelli d’Italia (anche ad altre, ad onore del vero, ma soprattutto qui), spingono e vanno alla carica perché con la politica ci campano. Nulla di nuovo sotto il sole, cose che si fanno dalla notte dei tempi se questi non fossero ormai altri tempi, in cui poi ad un certo punto bisogna darsi contegno e una regolata. Sennò si finisce per esondare. E poi si accendono i riflettori.

Si racconta che qualche “pacchista” doc, ad esempio, già stia fremendo, scalpita e si agita per ingraziarsi anche il neo-commissario di FdI (con la consolidata formula dell’incontro per interposto patriota) per battezzare il “patto di fratellanza”. E d’altronde Fratelli d’Italia, nella deriva sicula a cui Giorgia Meloni pare voler mettere un freno, è diventata un partito afflitto dalle prove muscolari vanesiane ai vertici e in balia di soggetti che da tempo si sono attaccati alla mammella del partito, come una “cozza” in amore.

E così, ad esempio, si dice che ci siano personaggi che vanno in giro per la Sicilia, e anche dalle parti di Taormina, gonfiando il petto col mantra della vicinanza stretta ai vari attori del partito: “Quelli di Fratelli d’Italia sono tutti miei fratelli, se c’è bisogno ci penso io…”. Sketch di fuffa a chilometro zero che farebbero quasi sorridere come i personaggi dei film dei fratelli Vanzina, se non fosse un fenomeno che invece, ad un certo punto, si fa imbarazzante e insidioso per i patrioti. Da qui la stretta e il segnale recapitato a tutti da Meloni che, nel complesso, in Sicilia vuole un cambio di passo ma prima ancora invita i suoi rappresentanti politici a rivedere la postura istituzionale, nei rapporti interni e nelle dinamiche esterne, dove troppo spazio è stato concesso a chi forse ha scambiato Fratelli d’Italia e più in generale la politica per il passepartout di un parco giochi da selezionare in modalità on demand. In politica e nella vita in generale c’è sempre un limite a tutto e una soglia da non oltrepassare. A maggior ragione nella stagione italiana delle “bucce di banana” dietro l’angolo.

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