Il dado è quasi tratto. Il Comune di Taormina non fa marcia indietro e avanza spedito verso la vendita di Badia Vecchia e la Giara. L’ulteriore conferma è arrivata durante il Consiglio comunale del 4 luglio scorso con le parole di Cateno De Luca, che nell’esposizione della relazione annuale del sindaco ha comunicato la decisione di vendere i due immobili per reperire liquidità.
“Abbiamo iniziato un percorso con il Parco di Naxos. Ci è stata chiesta dal Parco Archeologico, in questi giorni, la conferma della nostra volontà di andare avanti su Badia Vecchia e La Giara e noi l’abbiamo confermata. C’è un problema tecnico e la permanenza a residuo di queste risorse nel bilancio del Parco può avvenire soltanto se c’è la conferma del nostro interesse. Ed è quello che abbiamo fatto. Non basta dire “non sono d’accordo”, dovete dire quali sono le alternative. “Non sono d’accordo” lo può dire il cittadino comune. Ma chi rappresenta il cittadino al municipio, con i ruoli che ha, non si può limitare al “Non sono d’accordo”. Bisogna avere la capacità di mettere sul tavolo un’alternativa e verifichiamo se sia attuabile o no. E’ così che si arriva ad una soluzione”.
E ancora: “Ma Badia Vecchia è ufficialmente aperta? – ha detto il sindaco- E’ agibile? No. Io non ci sono mai entrato, perché non è agibile. Non conosco l’interno di questo palazzo perché è inibita, non si può entrare perché questo è lo stato dell’arte di Badia Vecchia. Noi non cerchiamo né un mercenario né un mecenate, noi in questo ragionamento abbiamo fatto un’ipotesi, una cosa importante è la scuola di archeologia a Taormina“.
Bene. In realtà, ad onore del vero, appare bizzarro che non si possa nemmeno entrare alla Badia Vecchia, visto che negli anni passati ed anche recenti è stato concesso dal Comune l’utilizzo ad alcune associazioni del luogo. Badia Vecchia è evidentemente un incompiuta totale di questa città, anche se ricordiamo che tra il 2011 e il 2013 qualcuno – l’allora assessore Antonella Garipoli – era riuscita a riqualificare il bene e senza cifre dell’altro mondo aveva fatto un lavoro esemplare per restituirla alla città. Nel 2017 era stata pure oggetto di sopralluoghi per il G7.
L’idea di fare una Scuola di Archeologia, per quanto rispettabile e anche apprezzabile in linea di massima, è una soluzione che da queste parti non si sposa con questo tempo e non appassiona quasi nessuno. Forse, anzi di certo, avrebbe avuto un senso realizzarla in passato, oggi questa idea si inquadra in un’epoca assai diversa e si scontra, già ai nastri di partenza, con le oggettive e ataviche criticità di un territorio dove non esiste alcuna chance per i giovani laureati nei beni culturali di trovare una reale occupazione in ambito culturale. Taormina è una città che non ha mai dato alcun servizio ai suoi giovani e non è mai stata in grado di realizzare una scuola di lingue per aiutare i ragazzi a trovare lavoro nell’indotto turistico, in un contesto dove la conoscenza almeno dell’inglese è l’abc.
Nella vita sono sempre le scelte a fare la differenza ma la questione va analizzata nella sua interezza. E magari le cose potrebbero andare meglio tagliando sprechi che c’erano in passato e che continuano ancora adesso e le iniziative che non fanno la differenza e non rappresentano un valore aggiunto per il territorio. Risparmiare da una parte consentirebbe di non dover vendere dall’altra. Elementare, Watson direbbe qualcuno.
Badia Vecchia è un pezzo di storia della città, come lo è La Giara, però qui non si fa una mera narrazione romantica fondata sul nulla e quella la lasciamo ad altri. Entrambi questi siti hanno le potenzialità per diventare un volano di nuove opportunità. Ancora adesso, se rifunzionalizzati potrebbero rappresentare a pieno titolo un’attrattiva per i visitatori di una città che si riempie sempre la bocca con la destagionalizzazione ma poi fa poco o nulla per creare delle alternative al “rito” della visita al Teatro Antico. E porterebbero “picciuli” nelle casse comunali.
“Dalla mano pubblica si passa ad altra mano pubblica”. La politica ha scelto per i cittadini, dalla colpevole ignavia delle precedenti Amministrazioni si passa alla risolutiva disinvoltura di quella attuale. La scelta di vendere la Badia Vecchia e La Giara per ottenere ulteriore liquidità rivela, in verità, una visione alquanto miope e poco coraggiosa, che confligge con l’idea di mettere in campo una visione strategica a tutto campo, in discontinuità col passato e a lungo termine, nella gestione del patrimonio comunale.
Ci può stare la volontà – che nasce ancor prima da fattori contabili – di reperire risorse finanziarie per una città che ha recentemente affrontato un dissesto e ne sta uscendo dopo tre anni di purgatorio. Tuttavia, la prospettiva di una dismissione dei propri tesori storici si colloca sul piano inclinato di una semplice scorciatoia per fare cassa e risolvere il problema nel modo più comodo. Badia Vecchia va resa agibile e mi costa soldi, La Giara va resa agibile e mi costa soldi, che faccio? Le vendo entrambe e buonanotte ai suonatori. Poco male. Il ragionamento non fa una grinza. Peccato che nel patrimonio del Comune ci siano diversi altri beni ridotti molto peggio, che necessiterebbero di somme assai più pesanti per essere rifunzionalizzati e allo stato attuale non hanno nemmeno lo zero virgola zero per cento di essere riqualificati. Potremmo fare tanti esempi. Eppure questi beni afflitti da una condizione di disastro totale rimarranno ancora nel patrimonio del Comune, forse in attesa dell’estrema unzione di Madre Natura con qualche crollo o di miracoli da parte della futura Patrimonio Taormina Spa.
Invece di vendere Badia Vecchia e La Giara, l’Amministrazione dovrebbe scommettere, investire in piani di valorizzazione e promozione del patrimonio culturale, puntare sul reperimento di fondi attraverso canali alternativi come il finanziamento pubblico, intercettando i fondi europei, e stipulare partnership con enti culturali e privati interessati alla conservazione e alla valorizzazione del patrimonio.
Al netto dei sofismi di palazzo, la gestione del patrimonio culturale richiede una connessione con la storia e l’identità dei luoghi, per poi approdare alla prospetticità. Tutti elementi che sembrano mancare nella politica taorminese, dove basterebbe chiedersi: i 7-8 milioni che il Parco garantirebbe al Comune per rilevare i due beni in vendita sono vitali per il futuro dell’ente? Verosimilmente no. Quella stessa somma potrebbe reperirla il Comune? Presumibilmente sì. Lo ha dimostrato il “Salva Taormina” di marca deluchiana che le risorse si possono trovare. Giusto?
La cittadinanza di Taormina, le associazioni culturali, e tutti coloro che hanno a cuore il destino del patrimonio storico, se ancora esistono realtà degne di essere considerate tali, dovrebbero alzare le terga dal divano, dare segni di vita e decidere se queste vendite vanno accettate in un religioso silenzio o se invece non sia meglio sbarrare la strada. Il momento è ora, perché poi non servirà a nulla piangere sul latte versato. Le soluzioni alternative per mantenere Badia Vecchia e La Giara nella sfera comunale si possono e si devono trovare. E’ chiaro che l’Amministrazione ha fatto ormai la sua scelta, è un dato altrettanto evidente che la pillola del coraggio è merce rara e in questa maggioranza non ci sarà nessuno che avrà uno slancio di personalità o gli attributi per andare dal sindaco, sedersi accanto a lui e fargli capire con garbo e polso che la vendita di questi beni è una cosa sbagliata. Parafrasando il verbo deluchiano: trattasi di una minchiata, senza se e senza ma. Una mossa sbagliata, suggerita da qualche suo fidato collaboratore e avallata a capo chino dagli altri, compresi alcuni che sino a qualche anno fa avrebbero fatto le barricate indiane su questa vendita.
Taormina deve scrollarsi di dosso certe sindromi e su questo siamo tutti d’accordo, per un lungo tempo in questa città sono stati fatti danni come la grandine. Di questa realtà è stata fatta “carne da macello” e – senza offesa per nessuno – noi la storia degli ultimi 20 anni di Taormina la conosciamo meglio di chiunque e c’è una classe politica che dovrebbe essere accompagnata in Tibet e ripresentarsi da queste parti in un’altra vita. Ma poi bisogna andare oltre l’onda lunga delle frustate a chi c’era ieri, ricostruire dalle macerie e invertire la rotta. Senza delegare ad altri. Si può cambiare anche a Taormina, come ha detto bene il sindaco, anche se la netta sensazione – perlomeno la nostra – è che sia complicato perché prima bisognerebbe frantumare la granitica mentalità paesana e la logica permanente di livori e invidie ad oltranza e dell’“Io ce lo più lungo”, che qui regnava e regna sovrana. Servirebbe un confronto, quello vero, e un’iniezione di lungimiranza nelle valutazioni del presente e per il futuro. Nell’interesse di tutti.
Le chiacchiere stanno sempre a zero e la svolta è una via molto complessa da percorrere ma il primo passo non può essere quello di limitarsi all’arte del risolvere problemi finanziari contingenti. La storia – è vero – non può più essere sbandierata a suon di facile retorica con i soliti retaggi da baroni con le scarpe bucate, ma allo stesso tempo la storia non può essere buttata nel cesso con un colpo di penna. Nudi alla meta in un valzer di mezza sera.
La visione strategica deve contemplare un approccio d’avanguardia, non una presa d’atto in retroguardia. Serve la capacità di osare e ripensare lo stato delle cose guardando le due facce della medaglia: immaginare non soltanto quanto mi costerebbe riqualificare un bene ma anche e soprattutto il valore complessivo che potrebbe portare quello stesso immobile, se riportato in attività, nell’economia della città e dell’ente stesso.
Il concetto per Badia Vecchia e La Giara è abbastanza semplice: non vanno venduti non perché dovrà continuare ad abitarci il Barone Fricò con il suo stradivario. E’ opportuno pensare di recuperarli perché, nel rispetto di una storia, possono rappresentare un valore aggiunto per il Comune, innescare un processo di risorse economiche e umane, inserirsi in un circuito virtuoso per la città. Si dirà che questo lo può fare anche il Parco? Bene, perché no. Ma lo può fare invece il Comune? Noi crediamo di sì.
D’altronde Palazzo Corvaja era ridotto dieci volte peggio di Badia Vecchia. E’ stato venduto? No. Con un finanziamento regionale datato 2019 è stato recuperato e anzi De Luca ha deciso di riprendersi il bene e di uscire da una convenzione che nella passata legislatura lo aveva visto finire in gestione al Parco. E su Palazzo Corvaja la Giunta De Luca ha investito risorse importanti per evitare che il risanamento conservativo rimanesse incompiuto. Su La Giara c’è stata l’uscita di scena dell’ex gestore per fine locazione e relativo sfratto, è stata fatta una gara e chi se l’è aggiudicata (La Giara GT Srl) si è impegnato a versare per 6 anni un canone d’affitto di 159 mila 500 euro. Soldi che farebbero comodo all’ente, in una situazione nella quale si rischia l’ennesimo contenzioso e i ragionamenti fatti dal Comune destano quindi non poche perplessità.
Il sindaco De Luca è persona intelligente, siamo discretamente convinti al 99% che sia stato qualcuno dei suoi “fedelissimi” a suggerirgli l’opportunità di questa vendita e lui questa idea poi l’ha cavalcata. Eppure su una cosa De Luca ha ragione. Il senso della questione è in una frase proprio da lui pronunciata nella sua relazione in Consiglio comunale giovedì scorso: “L”identità della città va preservata in questo luogo e non può essere subordinata a nessun ente esterno”. Il punto è capire se questo vale sempre. La Regione è un nemico se si parla dei misfatti di TaoArte e poi diventa l’amichevole panacea dei mali nell’iter con il Parco per Badia Vecchia e La Giara.
Delle due l’una. Se così non è, allora vendiamo altri gioielli. Avanti tutta. Andiamo a recuperare altri milioni per il bilancio del Comune e alziamo l’asticella in vista del piano strategico, alla faccia dei nobili decaduti e dello loro petulanti fregnate paesane: vendiamo tutti i beni che non sono in regola con la vulnerabilità sismica, anziché perdere tempo e soldi per metterli a norma. Vendesi il Capalc, l’ex Circolo del Forestiero e chi più ne ha più ne metta. E già che ci siamo consegniamo alla Regione le chiavi di Palazzo dei Giurati, che dovrà chiudere per lavori. Vendesi il Municipio, compresi i suoi inquilini. Da una mano pubblica a un’altra mano pubblica. O no?