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Sebastopoli sotto attacco, 5 morti e almeno 120 feriti

ROMA (ITALPRESS) – Il baricentro dell’ennesima domenica di guerra si è spostato questa volta in Crimea, la penisola annessa unilateralmente da Putin nel 2014: missili Atacms lanciati dall’Ucraina hanno causato cinque vittime, fra cui tre bambini, e almeno 120 feriti. Per questo atto la Russia ha immediatamente accusato gli Stati Uniti, alimentando ulteriormente la tensione fra il Cremlino e la Nato: “La responsabilità dell’attacco contro i civili di Sebastopoli è soprattutto di Washington, che ha fornito queste armi all’Ucraina, e del regime di Kiev, dal cui territorio è stato effettuato l’attacco”. Un’accusa esplicita e pesante, che potrebbe avere ulteriori ripercussioni.

Se la Crimea piange le sue vittime innocenti, Kharkiv, la seconda città ucraina, è ancora sotto shock per la strage di sabato. L’impotenza di fronte all’ennesima carneficina è il sentimento che aleggia fra gli abitanti del capoluogo ma anche nelle alte sfere ucraine dopo il bombardamento che ha ucciso tre persone e ne ha ferite una cinquantina in una delle arterie più trafficate.

Fra le vittime alcune persone che stavano scendendo da un tram e gli abitanti di un condominio rimasto distrutto dall’esplosione. Dopo un mese di maggio in cui nel capoluogo si erano registrate decine di vittime e i missili erano piovuti pressoché quotidiani, l’arrivo in regione delle tanto attese forniture militari americane aveva permesso di colpire le infrastrutture russe da cui partono gli attacchi verso Kharkiv. Tre settimane di quiete avevano illuso gli abitanti, che avevano ricominciato a passeggiare negli splendidi parchi cittadini e iniziato a intravedere un minimo di serenità. Le bombe aeree teleguidate di ieri, con un effetto distruttivo devastante, hanno invece fatto ripiombare la città nel panico. Nell’ultima notte anche l’area di Kiev è stata bersaglio del fuoco nemico ma nella capitale i sistemi di difesa aerea sono molto più efficaci e sono riusciti ad intercettare razzi e droni. Si sono udite alcune esplosioni ma solo con lievi danni.

I bombardamenti del week-end nei principali centri del paese si inseriscono all’interno di un contesto sempre più complesso non tanto sotto l’aspetto prettamente militare ma soprattutto sociale. Se al fronte, infatti, l’esercito ucraino ha fermato l’avanzata russa a nord-est e in Donbass non si segnalano nuove conquiste significative del Cremlino, sono altri i problemi con cui la popolazione locale deve confrontarsi ogni giorno. Il primo, che coinvolge tutte le regioni, anche quelle più occidentali al confine con Polonia e Ungheria, riguarda i continui black-out elettrici.

Fra le aree più colpite dalle interruzioni c’è proprio la capitale, dove l’energia è assente per metà giornata o anche di più e dove tutte le incombenze quotidiane sono scandite dalla corrente. Nei grandi condomini che popolano le periferie molte persone non escono più di casa: gli ascensori sono bloccati e per i più anziani è impossibile risalire dieci o quindici piani a piedi.

L’altra grande preoccupazione di queste settimane concerne la mobilitazione. Anche in questo caso, non c’è regione nella quale i vertici militari non abbiano esteso la chiamata al fronte per tutti gli uomini in età da combattimento, ovvero sia fra i 25 e i 60 anni. Se nei primi due anni molti ignoravano le lettere, oggi è molto più complicato rifiutarsi di partire. Ci sono sempre più posti di blocco sulle strade per il controllo dei documenti e questo vale sia per chi guida che per chi cammina nelle zone pedonali. Il Paese ha bisogno di soldati e non può più reggersi sui soli volontari o sui militari di carriera ma la chiamata collettiva sta spaccando la società e sta rendendo meno unito il fronte favorevole alla prosecuzione del conflitto. Fino a quando combattevano gli altri la gran parte della popolazione era convinta di voler continuare la guerra ad oltranza, oggi invece ogni famiglia rischia di avere un figlio, un marito o un nipote al fronte e per questo una fetta di opinione pubblica, che non trova voce sui media ufficiali, è più sensibile a negoziare.

Nel frattempo, ed è l’altro paradosso di questo conflitto e del modo in cui gli ucraini stanno vivendo questi 28 mesi dall’invasione, nelle grandi città, pur demoralizzate, al di là dei black-out e delle sirene di allarme si prova a vivere quasi normalmente. Il centro di Kiev, fino al coprifuoco, pullula di giovani e di musica dal vivo, le spiagge sul Dnipro sono affollate di bagnanti e i ristoranti sono pieni. A Leopoli il turismo interno continua a crescere e persino a Kharkiv, dove oltre la metà degli abitanti ha abbandonato le proprie case dal 24 febbraio del 2022, il parco Shevchenko, nei giorni scorsi, si era rianimato di famiglie e di bambini. Si cerca una normalità che naturalmente non c’è, perché altrimenti si rischia di impazzire.

– foto Ipa Agency –

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