“Va nella direzione giusta la decisione di ridurre a due case affittate quelle oltre le quali l’attività si presume svolta in maniera imprenditoriale”. Questo il commento a caldo della Federalberghi, in relazione all’ipotesi di modifica della norma contenuta in manovra in tema di locazioni brevi.
“Stesso mercato, stesse regole – prosegue la nota della Federalberghi – Questo è il mantra che non ci stancheremo mai di ripetere: nel mercato c’è posto per tutti coloro che vogliono competere lealmente. Convince meno il passo indietro sull’aliquota applicabile sulla prima casa. A nostro avviso, sarebbe giusto che chi affitta case facendo pagare centinaia di euro per notte paghi almeno il 23%, l’aliquota applicata a chi prende una pensione minima da 616 euro al mese. Per non parlare del fatto – conclude la Federazione degli Albergatori – che la cedolare secca è un regime opzionale: se un contribuente ritiene che il 26% sia una misura eccessiva, ha facoltà di esercitare l’opzione inversa e pagare le tasse come i comuni mortali”.
La disposizione, modifica l’articolo 7 prevedendo, di fatto, l’eliminazione dell’articolo 7, che, nella formulazione originaria, introduceva modifiche alla disciplina delle locazioni brevi di cui all’articolo 4, comma 2, secondo periodo, del decreto-legge 24 aprile 2017, n. 50. Viene, pertanto, ristabilita la possibilità di optare per la cedolare secca con aliquota del 21% anche per i soggetti che abbiano concluso i contratti di locazione tramite soggetti che esercitano attività di intermediazione immobiliare, ovvero soggetti che gestiscono portali telematici.
Tale disposizione, inoltre, limita la possibilità di applicare la cedolare secca solo in caso di locazione breve di non più di 2 appartamenti, anziché 4 come previsto a legislazione vigente. Per un numero di appartamenti superiore a 2, infatti, l’attività di locazione, da chiunque esercitata, si presume svolta in forma imprenditoriale ai sensi dell’articolo 2082 del Codice civile.


