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De Luca tra una cena romana e il diktat della Garbatella: sarà un 2025 di “riflessione”

TAORMINA – Nuove sirene politiche dalla capitale per il sindaco di Taormina, Cateno De Luca? Così pare ed è il parlamentare di Fiumedinisi a rivelarle in un post social di venerdì sera. “Stasera (ieri, ndr) ho ricevuto degli emissari romani che mi hanno consegnato una proposta molto lusinghiera. Io sono stato molto ospitale come da mia consuetudine ma ho ribadito che per noi di Sud chiama Nord il 2025 è un anno di riflessione. Per ora pensiamo al nostro territorio ci sarà tempo per decidere cosa fare da grande”.

De Luca lancia il sasso nello stagno, alla sua maniera, con una “cena speciale in salsa romana”, vuole i riflettori e rilancia il tema di stretta attualità dei contatti per un ingresso in coalizione perché, per sua stessa ammissione, il tempo delle corsa solitaria per lui e per Sud chiama Nord “è finito”. Adesso, però, De Luca prende tempo e non è capriccio che il sindaco di Taormina voglia aspettare prima di sciogliere le riserve.

C’è da prendere tempo, quanto più possibile, perché le condizioni quando ci si sposa devono sempre essere le migliori possibili. Tanto più se, mutuando il pensiero deluchiano “Con me no ‘fuitine’ ma un matrimonio di interessi”. A Roma la pensano diversamente e si aspettano che De Luca esca allo scoperto.

Ma De Luca non ha nessuna intenzione di decidere adesso. Non vuole, e in parte non può. Si sa che nelle strategie di Scateno la casualità non è una dote contemplata. Intanto c’è da capitalizzare l’effetto politico e mediatico del momento. Tutto e fino in fondo. Le Europee sono state – per sua stessa ammissione – “un grande fallimento” e l’avvicinamento al centrodestra, invece, è un tonico, il propellente di una nuova primavera che da una parte sta sollevando non poche perplessità sulla conversione politica ma che, al netto degli umori volubili e dei mal di pancia del popolino che lo taccia di incoerenza e opportunismo, ha rimesso Sud chiama Nord al centro del ring. Chi se ne frega se l’arringa furiosa contro “l’ologramma” è diventata un’ode natalizia al “padre nobile” Renato Schifani. Sono cose che si dicono nelle campagne elettorali. I soliti moralisti di paese non capiscono che c’è un tempo per tutto. La chiave di tutto sono i territori. Il senso della missione sta tutta lì.

E nei territori, perlomeno nelle roccaforti messinesi nella Città dello Stretto e Taormina, le cose vanno piuttosto bene per Sud chiama Nord, gli avversari si sono squagliati o se la sono fatta sotto, hanno lasciato campo libero riuscendo nel capolavoro del suicidio finale persino dopo le Europee. Hanno affisso il cartello “Fate pure in memoria di noi”. E allora la marcia delle truppe deluchiane, dopo qualche sbandamento, ha ripreso fiato e passo spedito. Tutto al più c’è da rivitalizzare la situazione in altre aree dell’isola e lì si muoverà il capo in prima persona perché i compagni di viaggio, tanto più fuori-zona, hanno un’incisività pari al due di briscola.

Oggi fa la differenza soprattutto il disgelo sancito tra De Luca e il presidente della Regione, Schifani, confezionata con l’intercessione preziosa del presidente dell’Ars, Gaetano Galvagno, al quale sono state rivolte lodi anche in questo fine/inizio anno da De Luca, perché si sta dimostrando molto sensibile alle posizioni di Sud chiama Nord. Poi si vedrà chi sarà il candidato alla presidenza della Regione e il meloniano di Paternò è in corsa eccome. Nel frattempo Galvagno si è reso sempre disponibile con Cateno, al di là dell’amicizia di vecchia data che lo lega al deluchiano Danilo Lo Giudice. Tra l’altro, si è messo pure a disposizione per i colloqui romani tra De Luca e piani alti di Fratelli d’Italia.

L’asse De Luca-Schifani è una liason che si è presa la scena, De Luca ha tutta l’intenzione di cavalcare l’onda, mentre i big del centrodestra osservano e non si appassionano al tema, anzi un noto politico, un pò provocatoriamente, dalle parti di Catania ha già fatto sapere di “non aver ricevuto l’invito a questa festa” (si riferiva all’ingresso di De Luca in coalizione?). Insomma, la collaborazione tra il governatore e il capo delle opposizioni è un dialogo che agita le acque. A detta dei soliti malpensanti promette di diventare una storia in cui magari, presto o tardi, potrebbe arrivare il fatidico momento in cui uno tenterà di sgambettare l’altro. Non è detto, di certo non accadrà adesso.

De Luca andrà nel centrodestra. Si tratta di stabilire le condizioni e limare le distanze. Perché le proposte romane sono “molto lusinghiere” e aprono scenari di tutto rispetto ma se Scateno non è fesso, il centrodestra è un mondo di furbacchioni che non sono nati ieri: i voti del leader di Fiumedinisi servono per mettere i chiodi nella bara del centrosinistra, il passato con il carico di veleni verrà accantonato con un bel sorriso anche se poi nessuno dimentica mai niente. De Luca non si fida degli ex alleati che ha lasciato nel 2017. E loro, allo stesso modo, diffidano di lui.

Sulla strada di queste chiacchierate seconde nozze politiche c’è ancora da parlarsi, capirsi e chiarirsi su come arrivarci all’altare. Nei matrimoni d’interessi l’uno chiede all’altro di rinunciare a qualcosa e si narra che nella trattativa romana, al netto delle cene speciali, ci sia qualche condizione politica abbastanza impegnativa posta al leader. Oltre alle proposte “lusinghiere” di inizio anno, al tavolo della discussione ci sarebbe altro. Si racconta di un “diktat della Garbatella” che complicherebbe le scelte e imporrebbe qualche sacrificio importante. D’altronde, come recita un vecchio motto belgradese: “La musica nella Casa di Gesù non è sempre come la vuoi tu”.

Una soluzione alla fine si troverà. De Luca ce la farà perché non difetta di scaltrezza e sa scendere a compromessi. La via è stretta, tutto si compirà. Ma serve tempo. Oggi è il momento dei sorrisi e dell’ottimismo. Soprattutto della riflessione, tanta riflessione. A maggior ragione perché nei pensieri del sindaco di Taormina sta riprendendo, piano piano, pure quota il sogno della prima ora (mai abbandonato neanche per un istante) di fare il sindaco di Sicilia.

C’è un lungo anno davanti per confezionare la trama della nuova fase politica e lasciarsi alle spalle le scorie del “grande fallimento“, prendere la scia del centrodestra e tornare a volare alti. La parola d’ordine da qui ai prossimi mesi è fare tutto quello che sarà possibile fare, perché poi al tramonto del 2025 bisognerà “decidere cosa fare da grande”. Sursum corda, volemose bene e viva i territori.

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