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De Luca fuori dai due poli: ora proverà a scomporre il quadro. Ma il suo vero avversario è La Vardera. E l’astensionismo…


Ai ferri corti con il centrodestra e almeno per il momento non accolto dal centrosinistra, in lite con la deputazione siciliana di Fratelli d’Italia da una parte e in contrasto anche con i 5 Stelle dall’altra parte. Non è il miglior fine anno per Cateno De Luca e Sud chiama Nord, certamente non quello che immaginava. Festeggerà con la cena di partito di fine anno prospettando rosei orizzonti politici ed esalterà i primi passi del suo cosiddetto “Governo di Liberazione” e la narrazione positiva sarà una via obbligata per esorcizzare lo spettro di uno scenario complicato. La realtà poi è sempre un’altra cosa.

A sedici mesi di distanza dalle Europee che avevano portato al crollo di ScN al 7,6% – a distanza siderale dal quasi 25% delle Regionali 2022 – l’attuale sindaco di Taormina si ritrova di nuovo catapultato alla stazione di partenza, come in una trasposizione impietosa di real-politik del “gioco dell’oca”. 

Cateno De Luca era uscito dalle Europee dell’8 e 9 giugno 2024 in una situazione di “isolamento politico”, come lui stesso l’aveva poi battezzata, e per questo si era avvicinato al centrodestra. Un amministratore di “professione” come De Luca – ipse dixit – non può restare troppo a lungo ai margini della partita e logorarsi a fare opposizione mentre gli altri incidono e governano.

Ora il politico di Fiumedinisi si ritrova di nuovo in una condizione scomoda. De Luca si defila da quel centrodestra siciliano investito da scandali giudiziari a ripetizione, riprova l’avvicinamento al centrosinistra e va al braccio di ferro con il campo largo considerandosi il candidato “fuoriclasse” da legittimare in quel perimetro politico. E’ il secondo round, perché la mossa verso il campo largo era stata tentata già nei mesi che precedettero le Europee, quando De Luca si proiettava verso la corsa a Bruxelles e aveva proposto la candidatura del “fedelissimo” Danilo Lo Giudice nelle liste di Pd o 5 Stelle. L’attuale sindaco di Taormina si era mosso con le rispettive deputazioni siciliane per preparare il terreno alla prospettiva di un fronte comune anti-centrodestra e spingeva per quel patto che avrebbe dovuto portare all’ospitalità del suo pretoriano di Santa Teresa che sarebbe potuta valere la conquista di un seggio. Ma non ci fu modo di convincere le segreterie romane. “No grazie” fu la risposta di Schlein e Conte. Fine dei giochi. E a quel punto ci fu la virata di De Luca a destra, con l’apertura di una interlocuzione a Roma, e le relative sponde che prepararono e accompagnarono quell’approccio. Anche li qualcosa non ha funzionato e le “seconde nozze” con quel centrodestra lasciato da De Luca nel 2017, sino a questo momento non si sono concretizzate. Ovviamente nel mezzo di tutto questo bailame siculo-romano c’è stata la pace con Renato Schifani, il grande nemico deluchiano diventato “padre nobile”. Una sponda che era necessaria a De Luca per garantire il placet del governo siciliano alle richieste per i territori ed in particolare per quella Messina – città e provincia – che è la “roccaforte” di Sud chiama Nord.

E adesso? “Vi offro l’ultima possibilità”, ha tuonato De Luca all’Ars il 2 dicembre scorso rivolgendosi al centrosinistra con tanto di ultimatum in scadenza a gennaio. Un surreale (ma non casuale) ribaltamento del tema politico di giornata che era la mozione di sfiducia a Schifani e che, invece, è poi diventato quello della chiamata finale di De Luca alle opposizioni contro il centrodestra. Ma prima ancora rispetto all’esigenza di De Luca di organizzare la strategia per la sua terza candidatura alla presidenza della Regione.

“Porte chiuse da 5 Stelle, PD e AVS a chi si è alleato con il centrodestra in altre regioni”, ha risposto Nuccio Di Paola, coordinatore regionale dei 5 Stelle. Non vanno meglio le cose rispetto al rapporto con il centrodestra, dove si è acceso lo scontro con Fratelli d’Italia ed il capogruppo Giorgio Assenza ha invitato in aula la sinistra ad “approfittare” dell’offerta di De Luca “perché poi altrimenti da gennaio non sarà più in quella coalizione”. Quindi un altro scontro con Assenza sulla paternità di un emendamento su Naxos in Commissione Bilancio. La “sfida all’onore” lanciata da De Luca e la risposta dura dell’altro meloniano, Pino Galluzzo.

E allora cosa farà De Luca rispetto a questo quadro che rischia di vederlo ancora fuori dai due poli? Non c’è molto da capire o da interpretare per chi “mastica” di politica. La strategia non è così difficile da prevedere. De Luca spingerà sul “Governo di Liberazione” che si tradurrà in una mossa per provare a risalire la china, battendo in lungo e largo l’isola. Il “Governo di Liberazione” servirà anche e soprattutto per tentare di mettere pressione agli avversari, amici-nemici che rimangono (quasi) tutti interlocutori e potenziali alleati.

De Luca, alla fine della fiera, rischia di andare di nuovo da solo alle prossime Regionali ma lo sa bene che un’altra corsa solitaria lo taglierebbe in partenza fuori da tutto e non gli darebbe nessuna chance di gloria, perché il massimo sforzo lo ha già prodotto con quel clamoroso risultato, straordinario ma irripetibile, del 2022. Adesso e’ il momento degli scontri al sapore di schermaglie, una guerra di posizionamento in cui formera’ il suo “Governo di Liberazione” e andrà a serrare le fila del suo movimento. Poi tornerà a dialogare e trattare.

Il capintesta di Sud chiama Nord da qui in avanti risalirà sul ring e si rimetterà al centro della scena, alzerà i toni in modalità tutto contro tutti, provando a scomporre le coalizioni e a “stanare “e far uscire qualcuno allo scoperto, fuori dal mosaico politico consolidato.

Ma il vero punto della questione e’ che nel frattempo c’è pure da fronteggiare l’avanzata ingombrante del “guastafeste” Ismaele La Vardera, che col suo movimento diventa un catalizzatore di consensi fuori dai poli e rischia di prendersi una buona parte di quel voto di protesta, di pancia e della platea di delusi che avevano votato in massa per De Luca. Probabilmente il primo problema da affrontare per il sindaco di Taormina ora non sarà il rebus delle alleanze ma l’impatto sulla partita politica dell’ex alleato. Un “allievo” che ha conquistato campo e oggi è diventato il rivale principale con il quale dovrà misurarsi l’Imperatore del Nisi nella caccia al consenso dei siciliani anti-sistema. Non sono affatto pochi gli elettori stanchi di tutti gli intrighi di palazzo, tuttavia hanno pure la forte tentazione di starsene a casa la prossima volta e far trionfare il primo partito che galoppa in Sicilia e in Italia: l’astensionismo.

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