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Covid, boom di contagi ma niente allarmismi

L’inverno comincia ad avvicinarsi e si torna a parlare di Covid, tra contagi che risalgono e gli amplificatori mediatici di paura che rialzano la testa. In quattro settimane salgono i contagi da Covid in Italia, da 5.889 a 30.777, i ricoveri in area medica sono più che triplicati, da 697 a 2.378 e c’è un incremento dei decessi, da 44 a 99. Dobbiamo preoccuparci? Attenzione sì, allarmismi no.

L’infettivologo Matteo Bassetti (come altri) ha già spiegato che la fase attuale non è lontana parente di quella vissuta nel 2020, eppure gli ultimi dati del monitoraggio indipendente della Fondazione Gimbe relativi alla settimana 7-13 settembre rispetto a quella del 10-16 agosto, confermano che da una parte non si registrano valori assoluti elevati e dall’altra i contagi hanno ripreso comunque a correre.

Il tasso di positività dei tamponi passa dal 6,4% al 14,9%, la media mobile a 7 giorni da 841 casi giornalieri è salita a 4.397, l’incidenza da 6 casi per 100mila abitanti (settimana 6-12 luglio) ha raggiunto 52 casi per 100mila abitanti (tra le Regioni si passa dai 14 casi della Basilicata agli 83 del Veneto).

“Numeri sì bassi – commenta il presidente della Fondazione Gimbe, Nino Cartabellotta – ma anche ampiamente sottostimati rispetto al reale impatto della circolazione virale perché il sistema di monitoraggio, in particolare dopo l’abrogazione dell’obbligo di isolamento per i soggetti positivi con il dl 105/2023, di fatto poggia in larga misura su base volontaria. Infatti, da un lato la prescrizione di tamponi nelle persone con sintomi respiratori è ormai residuale, dall’altro con l’ampio uso dei test antigenici fai-da-te la positività viene comunicata solo occasionalmente ai servizi epidemiologici”.

Non sono elevati anche i numeri sui ricoveri e sui decessi nella settimana presa in considerazione, pur triplicando i primi a 2.378 unità e più che raddoppiati i secondi a 99. Se poi “in terapia intensiva – spiega Cartabellotta – i numeri sono veramente esigui dimostrando che oggi l’infezione da Sars-CoV-2 solo raramente determina quadri severi, l’incremento dei posti letto occupati in area medica conferma che nelle persone anziane, fragili e con patologie multiple può aggravare lo stato di salute richiedendo ospedalizzazione e/o peggiorando la prognosi delle malattie concomitanti”. Infatti, il tasso di ospedalizzazione in area medica cresce con l’aumentare dell’età: in particolare, passa da 17 per milione di abitanti nella fascia 60-69 anni a 37 per milione di abitanti nella fascia 70-79 anni, a 97 per milione di abitanti nella fascia 80-89 anni e a 145 per milione di abitanti negli over 90.

Pur condividendo la linea di raccomandare il richiamo alle persone a rischio, alle donne in gravidanza e agli operatori sanitari “vanno rilevate tre criticità da tenere in considerazione per l’eventuale aggiornamento delle raccomandazioni” sulla somministrazione del vaccino anti-Covid, afferma sempre Cartabellotta.

Per la Fondazione Gimbe, “è fondamentale prevenire ogni forma di sovraccarico da Covid nelle strutture sanitarie territoriali e ospedaliere”. In tal senso, invita le istituzioni “a mettere in atto tutte le azioni necessarie per proteggere anziani e fragili, incluso fornire raccomandazioni per gli operatori sanitari positivi asintomatici, oltre a rimettere in campo, se necessario, le misure di contrasto alla diffusione del virus”.

In buona sostanza bisogna fare attenzione, anche se va evidenziato che difficilmente (e menomale) si tornerà di nuovo a quel 2020 da incubo e alle restrizioni che hanno cambiato per un lungo periodo la vita della gente. Stavolta il virus andrà combattuto con la consapevolezza che non si tornerà alle chiusure e meno che mai a quel tremendo periodo di lockdown.

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