HomeAttualità e CronacaArnault & company alla conquista di Taormina: l'ultima chance dei "paesani"

Arnault & company alla conquista di Taormina: l’ultima chance dei “paesani”

TAORMINA – Ci sono dei posti che hanno sempre tanti piccoli grandi problemi ma alla fine riescono sempre ad uscirne e ad emergere perché la buona sorte è dalla loro parte. Taormina si può considerare uno di quei luoghi, con la magia della sua storia, il fascino eterno e la forza prepotente della propria bellezza e forse pure con un occhio di benevolenza da lassù, che ha consentito alla città di cadere in piedi e lasciarsi in fretta alle spalle da due anni devastanti. Da queste parti era sparito il 70% dei flussi turistici. E in una località che vive di turismo, quel -70% significava uno stato di coma con vista panoramica sull’inferno.

La chance per risalire la china è arrivata, la pandemia ha dato una tregua ma, ripensando a quel 2020 funereo, nessuno poteva immaginare che già nel 2022 Taormina si sarebbe ripresa sfiorando i numeri del 2019. La rinascita è diventata una scalata di gran carriera e alle porte si affaccia una nuova stagione che promette numeri ancora più significativi. Taormina è tornata, è di nuovo lì tra le mete più desiderate del turismo internazionale, al netto del suo vivere di inerzia e arroccarsi sugli amarcord. Taormina è rinata dalle ceneri del Covid, nonostante non sia stato fatto chissà cosa, poco o nulla per riportarla in alto, a dispetto di una classe politica che interpreta questo territorio come un paesello di mille abitanti e nonostante la sua gente non abbia imparato la lezione. Il Covid non ha insegnato niente nella percezione popolare della vita, delle persone e delle cose: non ha scalfito mediocrità e presunzioni, la mentalità qui è rimasta la stessa. Regna sovrana la faciloneria di una comunità che (non) pensa e si comporta in carta carbone con le stesse abitudini di tre anni fa. Compresa la solita litania tritapalle delle aperture e chiusure, con l’incrollabile abitudine di salutare il turista a novembre e dirgli arrivederci alla primavera che verrà.

Eppure attorno a Taormina qualcosa si muove per chi non l’avesse capito. Un segnale forte arriva dall’hotellerie, dove le grandi compagnie straniere stanno facendo tabula rosa degli arrancanti gruppi nostrani e guardano con sempre maggiore interesse all’opportunità di investire in questa città. Il San Domenico ha ripreso a correre grazie a Four Seasons, monsieur Louis Vuitton, Bernard Arnault, non si è limitato ad avere due alberghi di lusso ma sta investendo, ha aperto Dior e sta definendo un’altra maxi-operazione immobiliare. Dal 2023 tornerà in attività la storica Villa San Pancrazio, ristrutturata dalla Luxury Collection. E poi dal 2024 arriverà Meliá Hotels, mentre altre società estere trattano su altri fronti.

C’è un gran fermento e si parla di investimenti veri con aziende internazionali. Non si tratta di chiacchiere di cortile, si stanno muovendo capitali reali. E’ un fattore di rilievo che potrebbe innescare un processo di riqualificazione socio-economica del territorio e che andrebbe accompagnato e sostenuto, perché è molto meglio avere qualche magnate in più e un paio di fanfaroni truffaldini in meno. La spocchia del taorminese lo ha portato negli ultimi 15-20 anni a soccombere in favore di predoni che non hanno aggiunto una virgola al prestigio e all’economia di Taormina e all’economia del posto e in diversi casi si trattava di innesti poco raccomandabili delle consorterie del “risciacquo con ammorbidente”.

Per fortuna ci sono ancora investitori seri. La valutazione delle big company è che Taormina abbia delle straordinarie potenzialità e nulla da invidiare alle capitali internazionali del turismo che, però, si sono attrezzate con i servizi e un livello di competitività che qui manca. Chi non ha capito niente sono tutti quelli che abitano nel pianeta Taormina, microcosmo dorato dove tutti pensano sempre di sapere tutto e pochi hanno l’intelligenza di informarsi ed ascoltare e meno che mai la voglia di stare al passo con un mondo che cambia.

Dall’estero, per fortuna, in tanti non si sono ancora accorti che da queste parti si vive con una mentalità piccola come i fusilli Barilla. La politica dovrebbe trovare soluzioni per presentare meglio il territorio, siamo dentro il dissesto ma il cappio dei bilanci non è così stretto e non può essere un eterno alibi a fronte di sprechi e scelte sbagliate che non sono mai finite. E il taorminese, a sua volta, fa il fenomeno, critica e pontifica, mentre non si accorge di ciò che accade intorno, arringa per il sacchettino dell’immondizia sotto casa, si preoccupa del gatto soriano che si è perso, per sublimare il tutto con l’esercizio quotidiano del Master di primo livello in minchiate social.

Chiaramente chi arriva ha già visto certe magagne viene, saluta e non torna. Ma di fronte alla grande chance di investitori veri e seri, di respiro mondiale, Taormina e il taorminese (importato o di quarta generazione che sia) devono fare una scelta di campo, dire se la voglia è ancora quella di giochicchiare e vivacchiare, accontentandosi della competizione di quartiere a chi ce l’ha più lungo e della macumba al vicino della porta accanto. Oppure la comunità realizzerà che bisogna svegliarsi e smetterla con la logica dei bambini invidiosi e degli asini rancorosi. E’ arrivato quel bivio del cambio di passo e non si può prescindere dal fare ciascuno la propria parte e togliersi di dosso la mentalità paesana. E’ l’unica via per alzare l’asticella, a vantaggio di tutti e non solo di qualcuno. Si possono aprire scenari forse impensabili e opportunità che esulano dalla solita sfera della fuffa paesana. Taormina, nonostante i taorminesi, è al centro del mondo, ed è un mondo che va oltre Porta Catania e Porta Messina. Speriamo non sia troppo tardi quando il taorminese comprenderà di cosa stiamo parlando.

In fondo la scelta è semplice: puntare sui signori del lusso (quelli veri) e cavalcare quest’onda oppure consegnare gli ultimi pezzi di città ai soliti speculatori che si sono già spartiti Taormina da 20 anni a questa parte. Ah già, potremmo pure optare per il “me ne fotto” taorminese e fregarcene perché tanto la gente arriva comunque e c’è sempre la buona stella del lassù qualcuno ci ama. Ma anche il fattore “Culovich” bisogna saperselo meritare, perché poi un giorno ti può voltare le spalle e buonanotte ai suonatori.

(photo credit: Insidefoto/Gerard Roussel/Panoramic)

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