TAORMINA – Volli, e volli sempre, e fortissimamente volli è la celebre frase che tutti ricordiamo di Vittorio Alfieri. Ed è una frase calzante che anima da ormai oltre 60 secolo il desiderio nostalgico dei taorminesi che vorrebbero riavere quel casinò scippato alla città dalle geometrie di parte di un’Italia dove, sull’onda del finto moralismo, solitamente (ma non sempre) la spuntano i furbi e gli altri lo prendono in quel posto.
Allo stesso modo è altrettanto vero che i taorminesi il casinò lo rivorrebbero ma hanno realizzato già da un pezzo che molto difficilmente lo riavranno mai, perché a Roma la volontà alta come una muraglia cinese è quella di non far aprire in Italia nessuna nuova casa da gioco. Sin qui regge il muro invalicabile che circoscrive il perimetro dei casinò al quadrilatero tutto nordista di Venezia, Sanremo, Saint-Vincent e Campione.
Il tema torna una tantum d’attualità a Taormina, a ondate o a fiammate, se preferite. E allora rieccolo l’eterno capitolo del casinò con il sindaco Cateno De Luca, che va di nuovo alla carica: “A Taormina non aspettiamo. Abbiamo le idee chiare e sappiamo su cosa concentrare le nostre energie”. E poi l’elenco delle cose che vorrebbe realizzare: “Un polo fieristico, la riattivazione del casinò, il porticciolo turistico, la scuola degli antichi mestieri e delle tradizioni popolari”.
Il casinò De Luca lo vuole e lo sogna, se lo immagina al Palazzo Corvaja, nell’ex sede del primo Parlamento siciliano. Vuole spingere sul punto o perlomeno provarci, cercando le giuste sponde tra gli ex nemici e ora promessi alleati del centrodestra, sapendo che proprio il rientro nel centrodestra qualche “regalo” dovrà pure portarlo. E sul tavolo dei desiderata cateniani c’è anche l’aspettativa che sia dato corso ad un atto: la proposta di legge depositata dal parlamentare del gruppo misto, il deluchiano Francesco Gallo.
La Pdl presentata già due anni fa, recante “Disposizioni per l’istituzione di una casa da gioco nel Comune di Taormina”, ha mosso un passo che ha risvegliato l’iter lo scorso febbraio, quando è stata assegnata, in sede referente alla X commissione Attività produttive e sono chiamate a esprimere il loro parere le commissioni I Affari costituzionali, II Giustizia (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, per le disposizioni in materia di sanzioni), V Bilancio, VI Finanze, XIV Politiche dell’Unione europea e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.
L’ostacolo rimane la contrarietà di una larga parte di centrodestra che non ne vuole sentire di allargare il baricentro territoriale delle case da gioco nel Bel Paese né in particolare di spostarlo sino al Sud, con l’ala nordista che da sempre fa le barricate per motivi di semplice lettura. Ma c’è anche un veto forte, che a suo modo conta più della politica stessa, da parte della Chiesa. Lo ricordiamo bene quando in tempi non sospetti, tra il 2002 e il 2005, la buonanima del democristiano Aurelio Turiano – allora sindaco di Taormina – al suo ritorno da una missione romana e da un giro di incontri con alcuni big dell’allora governo Berlusconi, ci disse: “Trovare le intese politiche? Non avete capito che non c’è soltanto la volontà o non volontà dei partiti. Il problema non è il governo ma il Vaticano. Non vuole altri casinò in Italia”. Il gioco d’azzardo è un peccato per la Chiesa, che sulla questione ha un’idea ben precisa: “La passione del gioco rischia di diventare una grave schiavitù”. E come diceva qualcuno: la legge lo consente (al Nord), ma non tutto quello che è legale è buono.
Forse qualche spiraglio, per alcune contingenti dinamiche piuttosto recenti, potrebbe pure esserci e ne riparleremo. Mai mettere limiti alla provvidenza e tanto meno nella stagione in cui il sindaco di Taormina si è spianato la strada per tirarsi fuori dall’isolamento politico in cui si era cacciato, incamminandosi verso il ritorno all’altare con il centrodestra, con un doppio ricevimento di nozze da celebrare a Palermo e a Roma. Ad ogni modo, ad oggi la strada rimane impervia e la via è stretta. Bisogna essere più realisti del re nel ritenere che la prospettiva di un ritorno dei tavoli verdi sotto il cielo della Trinacria è molto complicata. Quando riapre il casinò di Taormina? Nell’ora del giorno del mese di un anno che da 60 anni esatti a questa parte tutti profetizzano ma nemmeno l’Oracolo di Delfi conosce.