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De Luca choc: “I top brand minacciano di andarsene? Se ne vadano. Se mi girano inizio a fare lo sceriffo…”

TAORMINA – Altra sfuriata e nuovo avvertimento del sindaco Cateno De Luca agli operatori economici di Taormina. Il parlamentare di Fiumedinisi in una sua diretta social torna a soffermarsi sullo scontro in atto sul PUDM (Piano Utilizzo Demanio Marittimo) e tuona in particolare contro i principali gruppi dell’industria dell’ospitalità.

“I grandi gruppi minacciano di andarsene? Ma che se ne vadano. Taormina può essere in vendita ma non si svende. Bisogna trovare il giusto equilibrio tra contemperare l’interesse pubblico e il legittimo interesse privato. Non indietreggerò di un centimetro su questa posizione. Il 50% delle spiagge fruibili a Taormina devono essere a destinazione pubblica“.

Queste le parole di De Luca, che aggiunge: “Abbiamo ottenuto la bandiera blu. Abbiamo tolto tutti i pisciatoi e Mazzarò ne è l’esempio. Bisogna garantire qualità anche nelle spiagge pubbliche”.

“Ancora non è successo niente. Mica io mi sono messo a fare lo sceriffo, tranne che mi fate girare le balle e comincio a fare lo sceriffo anche su questo….”. “Quando si arriva al mare non ci può essere una barriera di lidi. Mi è stato chiesto, ma come si fa a togliere lo spazio di 25 metri – tra una concessione e l’altra – a chi ha già la concessione? Si toglie spazio ai privati? E io rispondo: ma la fruizione pubblica io dove la devo garantire? A casa mia?”.

Poi la staffilata finale: “Le minacce di andare via da Taormina mi portano a dire che se si è qui è perché il brand Taormina, da un punto di vista imprenditoriale, conviene. Se volete darvi una martellata nei co***oni e andare via da Taormina sono scelte vostre”.

De Luca, insomma, la tocca piano, prova a mettere pressione ai grandi gruppi, ma lo sa benissimo che in realtà le big company non si impressionano, volano un paio di anni luce più distanti del cortile paesano e più alti delle dinamiche politiche di una città che – per fortuna, menomale – ha il suo “pilota automatico” da un’eternità e se ne infischia delle varie Amministrazioni di turno. Dire che i grandi gruppi se ne possono anche andare da Taormina, in fondo, è un pò come il luogo comune dell’arringata furente del marito che, in una lite d’amore, fa sceneggiata e minaccia di tagliarsi gli zebedei per fare un dispetto alla moglie.

Ad ogni modo il sindaco non sembra voler aprire al confronto. E d’altronde De Luca è sempre stato coerente con il suo metro, non si è mai appassionato alla via del confronto o perlomeno ne ha una visione tutta sua. Decide lui da solo, delibera con i compagni di viaggio (che sottoscrivono e non hanno facoltà di proferire una sillaba) e poi al 91esimo minuto fa sapere in mondovisione social ai comuni mortali: “Le associazioni? Le ho convocate, ci siamo confrontati e che devo fare di più?”. Qui, però, De Luca decide di esasperare uno scontro che, alla fine della fiera, non porta da nessuna parte e che, semmai, rischia di fare danni soltanto alla filiera produttiva di Taormina. Poi sulle spiagge libere o non libere si può dire tutto e il contrario di tutto, anche se la prospettiva del “liberi tutti” si potrebbe sintetizzare in una scena. Immaginiamoci quelli che si gustano la pasta al forno e mangiano la carne arrostita in una bella adunata accanto al lido di lusso che, piaccia o non piaccia, ha fatto investimenti, dà posti di lavoro, porta soldi alla città. E soprattutto porta a Taormina quel turismo di qualità che la politica paesana non sa nemmeno cos’è. E allora avanti tutta con il target “mordi e fuggi” che i politici locali prima mandano via dalle scale di piazza Duomo o da piazza IX Aprile ma che poi si dovrebbe riposizionare in spiaggia al posto degli stabilimenti. Lì, invece, va bene.

Ma la frase manifesto di tutta l’arringa domenicale deluchiana è in un passaggio citato sopra. De Luca spiega la sua posizione sul Pudm, poi mette da parte la metamorfosi ecumenica di questa stagione politica con vista sul 2027, si riveste da Scateno e porta la questione nell’arena, sul terreno a lui da sempre più congeniale. Si carica, s’acciglia, si prende il campo nella prateria di cui gode a Taormina, sgasa e spara a zero. Lo fa con un interrogativo: “Ma la fruizione pubblica io dove la devo garantire? A casa mia?”. No. La fruizione pubblica basta garantirla intanto in un posto: nei palazzi municipali, negli enti pubblici che non possono essere un ufficio periferico distaccato di nessun movimento. Succursali di niente e di nessuno. No Ducato, no party.

La morale della favola è che non si può mai prescindere dal dialogo, dal buon senso ma prima di ogni cosa ci vuole la capacità di rispettare la realtà, un territorio e i suoi vari attori. Volente o nolente. Altrimenti, dai disastri del dissesto ai miracoli con la giostra, la storia rischia di diventare lo spin-off del solito film. Cambiano gli attori (anzi qui sono sempre gli stessi) e la trama si fa più cristallina di Santa Chiara. E poi, presto o tardi, arriva la legge del contrappasso. Tutto il resto, come diceva il maestro Gracco, sono solo chiacchiere e tabacco.

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