Le politiche sempre più discusse e discutibili del presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, cominciano a produrre i primi effetti “collaterali”. Le mosse del Tycoon, a partire dalla linea dura con l’imposizione dei dazi, stanno generando un effetto globale di instabilità che si traduce in un clima di apprensione interna al Paese, con riverberi significativi che progressivamente prendono forma anche oltre Oceano.
La contrazione del Pil statunitense nel primo trimestre del 2025 (-0,3%), l’inflazione che sta rallentando ma che rimane al di sopra dell’obiettivo del 2% fissato dalla Federal Reserve, nonché le incertezze sulle politiche tariffarie, mettono in apprensione gli americani, la cui domanda di viaggi leisure è in calo. Secondo i dati di Bank of America, nei primi mesi del 2025 – come evidenziato in un approfondimento di Pambianco – la spesa per i biglietti aerei è diminuita del 6% e quella per l’alloggio e i servizi turistici del 2,5 per cento. Alla frenata dei viaggi interni si aggiunge la riduzione di turisti in ingresso in America, determinando un ‘cortocircuito turistico’ nel Nuovo Continente che sta creando pesanti ricadute sui principali gruppi alberghieri statunitensi.
“Alcune compagnie, tra cui Marriott International, Hilton Worldwide, Hyatt Hotels Corporation e Wyndham Hotels & Resorts – ha evidenziato Vanna Assumma per Pambianco – hanno tagliato la guidance per il 2025. Nello specifico, Marriott rivede le previsioni per il Revpar del 2025 in modo più lieve rispetto agli altri gruppi, passando da un intervallo del 2%–4% a uno compreso tra l’1,5% e il 3,5 per cento. Hilton prevedeva inizialmente una crescita del Revpar tra il 2% e il 3%, ma ha successivamente abbassato le stime a una forchetta compresa tra lo 0% e il 2%. Il CEO di Hilton Christopher Nassetta ha osservato, durante la conference call sui risultati del primo trimestre 2025, che i viaggiatori sembrano essere in una fase di attesa, con prenotazioni più vicine alle date di partenza e una maggiore attenzione al rapporto qualità-prezzo. Anche Hyatt ha rivisto al ribasso le sue stime, passando da un aumento del Revpar del 2%–4% a un intervallo tra l’1% e il 3%, mentre Wyndham ha lasciato la precedente guidance con ricavi per camera disponibile del 2-3% arrivando a un nuovo range compreso tra -2% e +1%”.
Il rischio, insomma, è che si possa determinare un effetto domino su scala globale nell’hospitality internazionale, con effetti negativi anche sull’industria del turismo in Italia. Non a caso anche Federalberghi Taormina, attraverso le dichiarazioni a TN24 del presidente Gerardo Schuler, il 2 maggio scorso ha riferito di una contrazione del turismo outbound Usa-Estero in vista del secondo semestre 2025.
“Il Pil USA nel primo trimestre è calato dello 0,3%, la prima contrazione dal 2022, anche per l’effetto dazi e licenziamenti – ha dichiarato Schuler -. Diversi tour operators americani mi confermano che il mercato turistico outbound dagli Stati Uniti verso l’estero, Europa compresa, da alcune settimane ha decisamente rallentato il ritmo delle prenotazioni riguardanti la seconda parte dell’anno 2025. Le stesse insicurezze si traducono in una stagnazione della domanda nella programmazione outbound 2026, soprattutto per quello che riguarda i tour operators che di solito prenotano viaggi all’estero di piccoli gruppi in genere almeno un anno prima. Da alcune settimane a questa parte gli americani sono titubanti a prenotare e rimangono alla finestra in attesa di segnali più rassicuranti dei mercati”.
“E così – ha aggiunto Schuler – mentre il presidente Trump festeggia i primi 100 giorni sintetizzandoli con “You Ain’t Seen Nothing Yet” (e non avete ancora visto niente, ndr), il settore turismo è nuovamente il primo registrare i contraccolpi riconducibili alla insicurezza dei mercati e quindi delle persone”.