Si va infiammando lo scontro politico romano tra il premier Giorgia Meloni e il centrosinistra e nel fronte delle opposizioni ad accendere il clima è anche e soprattutto Matteo Renzi. Il leader di Italia Viva non ha “gradito” la norma sulle conferenze all’estero, da Renzi definita “un esproprio ad personam” e ora lancia il suo avvertimento politico alla Meloni (anzi alle sorelle Meloni) e al centrodestra: “Noi siamo decisivi, dopo l’11 gennaio inizierò a fare politica”.
“In una Italia dove nessuno ha il coraggio di dire la verità sulla leader familiare e familista che guida questo Paese – ha dichiarato Renzi al programma Tagadà, su La7 -, l’ho detto solo io e ho chiesto conto di alcune nomine. Se io vado con il centrosinistra, matematicamente, aritmeticamente, il centrosinistra ha la maggioranza rispetto al centrodestra. Poi il centrosinistra litiga e il problema è risolto. Ma se io fossi nel centrodestra vivrei nel terrore che il centrosinistra si metta insieme. Tant’è che la Meloni prima non diceva nulla sulle mie conferenze, improvvisamente quando ho detto che sto con il centrosinistra, le conferenze sono diventate un problema. Ma va bene così. A me quando mi fanno queste cose, mi danno 10 anni di vita. In un Paese civile non si fanno le norme contro un Senatore, le leggi si fanno per tutti e non ad hoc per eliminare un avversario per via legislativa. Se non conto niente con il mio 2%, come mai li impressiono così tanto? Ora facciamo passare Natale, il Capodanno e l’11 gennaio è il mio compleanno. Poi iniziamo a fare politica”.
Renzi, dunque, non fa troppi giri di parole e fa capire di voler andare allo scontro totale con Giorgia (e Arianna) Meloni, rimarcando che – a suo dire – i suoi voti risulterebbero decisivi per un sorpasso del centrosinistra sull’attuale coalizione di governo. Meloni risponde con la contromossa della “quarta gamba” del centrodestra, con l’obiettivo cioè di rafforzare l’area guidata da Noi Moderati e portare dentro la maggioranza i movimenti dell’area di centro che sinora non si collocano nei due poli principali. Arianna Meloni, con il placet della sorella e premier Giorgia, ha praticamente chiuso un’intesa in questo contesto per portare nel centrodestra Sud chiama Nord, il movimento del sindaco di Taormina, Cateno De Luca. Un patto che a quanto si dice dovrebbe portare, di riflesso, ScN a federarsi con Noi Moderati ma questo poi, nel dettaglio, si vedrà.
Nel sondaggio politico di SWG per il TgLa7 di Enrico Mentana del 16 dicembre scorso le stime di consenso per i partiti dei due poli sono queste: nel centrodestra Fratelli d’Italia al 29,3%, Forza Italia al 9,4%, Lega 8,4% e Noi Moderati all’1,1%, per un dato complessivo di coalizione che si attesterebbe al 48,2%;
Dall’altra parte Partito Democratico al 22,2%, 5 Stelle all’11,2%, Verdi-Sinistra 6,9, Azione 3,1%, Italia Viva 2,5%, +Europa 2%, per un dato complessivo di coalizione che sarebbe del 47,9%, che potrebbe essere ulteriormente arrotondabile con altri piccoli partiti della galassia di sinistra.
A conti fatti, la partita sarebbe aperta e le distanze non così scontate, almeno se dovesse verificarsi all’opposizione una sorta di reunion in modalità Ulivo. E allora nel centrodestra l’idea è che il sentimento di anti-berlusconiana memoria – oggi reincarnatosi nell’adunata anti-meloniana – potrebbe, presto o tardi, fare miracoli tra i banchi dell’opposizione.
Meglio non fidarsi dei litiganti se sono divisi su tutto ma hanno un nemico comune che li potrebbe unire sotto la stessa bandiera. Ecco perché nel centrodestra si è deciso di andare alla stretta finale per aggregare anche Sud chiama Nord. Il movimento di De Luca alle Europee si è fermato allo 0,76%: nel sondaggio SWG del 16 dicembre scorso viene dato all’1% e sommando questa percentuale al dato dell’attuale maggioranza, il totale del centrodestra salirebbe al 49,2%.
Le sorelle Meloni sperano che De Luca possa salire oltre quell’1% di per sé comunque utile e strategico. E la promessa di Sud chiama Nord andrebbe in questa direzione, con De Luca che si è detto convinto di incidere con il voto in Sicilia, che da sempre ha la sua valenza non indifferente con i 18 Collegi elettorali da assegnare nell’isola per le Camere. Il patto tra De Luca ed il centrodestra potrebbe dare vita (stando ai dati delle Regionali 2022) ad una coalizione in Sicilia da oltre il 60%. Una slavina sulla sinistra siciliana e di riflesso un fattore da considerare, conti alla mano, per i riverberi del voto nell’isola se proiettato nell’economia del risultato nazionale.
In questo gioco ad incastri e nell’effetto domino, che in un senso o nell’altro può verificarsi, ai piani alti del centrodestra temono la flessione della Lega e puntano a rafforzare l’area dei centristi per non correre rischi e quindi per frustrare sul nascere il tentativo di sorpasso della sinistra, soprattutto nell’ipotesi di uno scenario politico da grande “ammucchiata”.
Giorgia e Arianna Meloni vorrebbero disinnescare l’operazione “tutti insieme appassionatamente” guidata da Renzi in cabina di regia, aprendo le porte della maggioranza a Cateno De Luca e, fra l’altro, è pure storia nota che tra il sindaco di Taormina ed il senatore di Scandicci non corre buon sangue. De Luca oggi ha scelto la via moderata per aprire la new era di ScN, anche in vista dell’orizzonte che lo vede molto vicino al centrodestra, ma nei mesi scorsi si è “scatenato” contro Italia Viva e contro l’ex premier, lanciando dure bordate e riservandogli pure una pernacchia nella campagna elettorale delle Europee.
Al tramonto del 2024 Renzi “avverte” Meloni e lancia la sfida per detronizzarla, Giorgia replica per le rime in Parlamento e risponde (anche) preparando l’arruolamento dell’anti-renziano De Luca.