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Affitti da paura a Taormina: il lusso dà alla testa, i proprietari rischiano la rumba

TAORMINA – Esplode la questione “caro affitti” nel commercio a Taormina. Il tema ha già fatto discutere in passato ma stavolta i proprietari di immobili alzano i prezzi ai massimi storici, tirano la corda all’estremo e rischiano di spingere l’economia della città verso un’indietro tutta che sembra l’anticamera di un suicidio perfetto.

Proprio in queste ore emergono casi a dir poco eloquenti che confermano il fenomeno in atto degli aumenti spropositati del canone di locazione, che in diversi casi i locatori provano ad applicare sui loro beni.

C’è chi mette alle strette il proprio inquilino e arriva a chiedere canoni almeno tre volte superiori a quello attuale, e vabbè sino a qui ci può pure stare, ma c’è chi si spinge decisamente oltre e ha chiesto un nuovo canone 8 volte superiore a quello sinora applicato. Attenzione perché c’è un particolare da sottolineare: la stangata arriva a fronte di rapporti in essere e con i locali attualmente occupati, comunicando ai locatari che la proprietà ha deciso di applicare un (super) aumento. Un avviso ai naviganti che diventa una doccia gelata. Per la serie: “Preparati all’aumento, o mi riconosci questa cifra o esci e lasci il locale”. Ed evidentemente c’è chi sa già che a scadenza di contratto non riuscirà mai a sostenere un canone che aumenta all’inverosimile. Per non parlare delle esorbitanti richieste di buona entrata che assomigliano a un Everest da scalare a mani nude e se non sei benestante o non sei il proprietario di una multinazionale puoi solo sperare di vincere la lotteria per mettere insieme quella cifra.

Ma rendiamo in termini ancora più significativi l’idea: risultano situazioni di richieste che schizzano da 5 mila a 18 mila euro e addirittura qualcuno vorrebbe (stra)aumentare la valutazione commerciale del proprio immobile da un canone di affitto di 6 mila euro a quasi 30 mila euro. Tutto legittimo, attenzione, perché chi ha un bene può valutarlo quanto vuole e ne ha tutto il diritto di farlo. Poi se troverà il “pollo” da spennare, se riuscirà a fare un contratto iperbolico con un locatario serio e solido o se invece si metterà in casa un “saltafossi” piuttosto che qualche “pirata del risciacquo” è un’altra storia.

Di certo c’è che i proprietari degli immobili, ingolositi dall’arrivo del lusso e dei top brand hanno perso la testa, stanno scatenando i loro appetiti più famelici, come se Dio avesse concesso ai comuni mortali taorminesi la deroga di portarsi quei soldi nella tomba e nel viaggio di ritorno al creatore. Si sa che poi dal farsi ingolosire al diventare ingordi il passo può diventare breve ma qui forse si va oltre. L’elemento di riflessione che, non a caso, abbiamo posto è che bisognerà stare attenti al dove porterà questa corsa sfrenata al rialzo. Nudi alla meta verso canoni di locazione da favola. Può essere che la grande firma acconsentirà, oppure potrà accadere che la grande firma non abboccherà. Siamo certi che i ricchi sono allocchi?

E poi ci sono i taorminesi ovviamente. Alcuni hanno compreso la pericolosità del gioco perverso che si sta innescando, altri (anche non taorminesi) non hanno capito una min**ia.

In fondo non è difficile realizzare che in questa vicenda l’imprenditoria locale può solo soffiare e pregare, chiacchierare e pontificare, senza toccare palla, perché il tessuto commerciale indigeno si è suicidato da solo e – tranne pochi esempi illuminati – non esiste più, non ha la forza economica e non conta più nulla. I commercianti che avevano fatto la storia di Taormina si sono fatti da parte o sono passati a migliori vita, altri hanno provato a fare il passo più lungo della gamba e si sono fregati da soli, altri sognano di ritagliarsi uno spazio in Corso Umberto e sarebbe bello vedere i giovani a poter fare impresa e caricarsi sulle spalle la Taormina del futuro.

Ma di questo passo l’avidità dei vari proprietari di immobili renderà impossibile i sogni dei giovani, non gli consentirà di avviarsi un’attività perché un ragazzo o una ragazza di 20 o 30 anni – a meno che non si tratti di ereditieri figli di papà – non può accollarsi un affitto da 10, 20 o 30 mila euro. Mettiamoci pure le tasse che in Italia ti ammazzano e i costi del personale, e i conti sono fatti.

E allora attenzione perché è cominciata la resa dei conti. Si salvi chi può. I proprietari di immobili giocano il tutto per tutto, alzano la posta e provano a far saltare il banco trasformando Corso Umberto nel Pozzo di San Patrizio. Faranno bingo o si prenderanno una rumba senza precedenti? Le multinazionali del lusso acconsentiranno a questi aumenti o saluteranno Taormina? I proprietari di immobili faranno scappare i big spender per rimettersi in casa quella stessa feccia di personaggi senza arte né parte che nel recente passato si stavano impadronendo di Taormina e di cui la città era riuscita – più o meno – a liberarsi?

Sullo sfondo, intanto, loro sono già pronti: pacchisti seriali e professionisti del risciacquo, fremono e scaldano i motori per riprendersi la scena in città. Aspettano solo che vi vengano riaperte le porte. I cavalli di ritorno con l’ammorbidente profumato sono pronti ad incamminarsi verso il casello di Spisone e a ripresentarsi in Corso Umberto, con tutti gli annessi e connessi. Taormina vuole prendere questa strada? Ecco perché quelli che sognano la luna dovrebbero riflettere e forse calmierare i loro desideri, se non vogliono fare la fine di Ipponatte: mangiava ricotta, voleva il caviale e finì a caffè latte.

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