HomeTurismo & LifestyleTurismo e lusso, Capri "avverte" Taormina: occhio alla commedia

Turismo e lusso, Capri “avverte” Taormina: occhio alla commedia

TAORMINA – Gran pienone d’estate e poi deserto “sahariano” d’inverno. Il tema della stagionalità del turismo e del commercio a Taormina è ormai da tempo immemore un “tormentone”. Se ne parla e straparla ma il rebus rimane irrisolto. Intanto la questione affligge anche l’altra località simbolo del turismo nel Sud Italia: la meravigliosa Capri. E lo scenario caprese rischia di portare gli stessi nuvoloni sotto il cielo di Taormina.

Sul tema si è soffermato in un interessante articolo Huffington Post Italia, evidenziando la problematica dell’isola che d’inverno è deserta, mentre nei mesi caldi è piena fino a scoppiare. Tutto nasce da un’amara riflessione ma soprattutto lucida valutazione della situazione fatta dalla direttrice di Capri Press e giornalista de Il Mattino, Annamaria Boniello: “Il fenomeno è iniziato nei primi anni 2000. Ora la capresità non esiste più”. “Questa città sta morendo. Capri sta morendo – ha detto Annamaria Boniello -. Questo luogo, che da qualche anno ha cambiato pomposamente il suo nome da Isola in Città, sta morendo di lenta agonia. Sta morendo nelle sue strade deserte d’inverno ed in quelle affollate e caotiche di piena estate. Sta morendo nelle sue botteghe chiuse per tanti mesi l’anno che la fanno apparire simile ad una città evacuata e muore lentamente nella trasformazione costante della sua rete commerciale”.

Ovviamente stiamo parlando di due realtà diverse ma tra Capri e Taormina ci sono pure analogie innegabili. Huffington Post racconta di “Capri fagocitata dal turismo estivo dei ricconi” e dell’isola che “prova almeno a tutelare i Faraglioni”. E qui, dalle nostre parti, basterebbe pensare al “carnaio” di Isola Bella ad agosto o alla grande ammucchiata giornaliera di Corso Umberto. L’overtourism estivo è un tema da cui si sguscia via come un’anguilla a Taormina, dove si fa polemica e ci si divide perchè in fondo si preferisce da sempre la logica indiscriminata del “buttiamoli tutti dentro”, si insegue il turismo di qualità ma poi fa comodo a tanti che rimanga indisturbato l’assalto tollerato del “mordi e fuggi”.

Tra Capri e Taormina c’è soprattutto un evidente punto di contatto: le grandi firme. I marchi con il portafogli pieno che arrivano, sbaragliano la concorrenza e si prendono la scena. A fine stagione turistica chiudono e arrivederci all’anno prossimo. Ricordiamoci quel passaggio riportato sopra: “Botteghe chiuse per tanti mesi l’anno che la fanno apparire simile ad una città evacuata e muore lentamente nella trasformazione costante della sua rete commerciale”. Deve far riflettere una puntualizzazione: quelle sue parole su Capri la collega Annamaria Boriello le ha scritto sapete quando? Nei primi anni 2000. “Era l’inizio di un fenomeno”, dice oggi all’HuffPost, “rammaricandosi per la trasformazione subita dalla sua isola, in un processo radicalizzato nei venti anni successivi all’uscita di quell’articolo. Capri non c’è più, ci dice, fagocitata dalla sua avidità che l’ha convinta a lasciarsi cannibalizzare dal turismo, cedendo le botteghe storiche, i luoghi della socializzazione, l’impronta che rendeva un caprese distinguibile tra tanti. Ogni anno nei mesi caldi va in scena una commedia: le strade si popolano, un muro di barche si innalza intorno ai Faraglioni. Poi arriva ottobre, cala il sipario. E Capri muore”.

Pensiamoci bene. A Taormina, dove il taorminese spesso è un teatrante per natura, va in scena una commedia assai simile. E’ una sceneggiata che ha dentro di sé la narrazione di una storia nella storia. Il taorminese (e in verità ne sono rimasti in pochi) che oggi fa il leone sui social, fa la morale agli altri, critica, pontifica e parla di “identità da difendere” è lo stesso che nella realtà ha venduto le proprie attività e prima ancora ha svenduto l’anima della città. Qualcuno si è dovuto fare da parte per circostanze sfortunate, altri perché l’eccesso dei bei tempi andati li ha fatti schiantare e li lasciati in braghe di tela. Per tanti anni il taorminese ha avuto il massimo e si è fatto vanto di quella condizione, ha fatto di tutto e di più. “Spacca e lassa”, per dirla in termini dialettali. Non ha considerato l’esigenza di dover tenere un profilo basso ed un punto di equilibrio e ha finito per perdere immobili di proprietà o in affitto, case e attività commerciali. Così le abitazioni sono diventate appartamenti, seconde case e b&b per gente venuta da fuori, “preda” perfetta di quelli che affittano ai turisti, incassano e “grazie Taormina”. Gli hotel che un tempo appartenevano a proprietari del luogo sono finiti quasi tutti in mano alle catene internazionali e così anche e soprattutto i negozi che, uno dopo l’altro, stanno passando ai big spender stranieri del lusso. In questo momento sono in corso una serie di trattative destinate a stravolgere ulteriormente il quadro del tessuto economico locale. Morale della favola? A marzo-aprile si apre, a fine ottobre tanti saluti e ci rivediamo a Pasqua.

E adesso che i buoi sono scappati dalla stalla che si fa? A Taormina va in scena la solita litania dell’obiettivo destagionalizzazione. Una specie di ricerca del Sacro Graal. La politica e gli operatori economici litigano e fanno la prova muscolare a chi ce l’ha più lungo. La risolviamo provando a restare tutti aperti? Anche se non ci sono i voli d’inverno? Chissà se nel bel mezzo di questa lite si è compreso che il rischio più grande si chiama “effetto rinculo” o se preferite “prendi e scappa”. Quelli che si stanno prendendo pezzo per pezzo la città hanno colto indubbiamente le grandi potenzialità di Taormina ma anche i limiti. Non sono arrivati qui per aprire delle succursali dell’Opera Pia. I colossi del lusso sono pronti a dominare l’economia e ad imporre le regole del gioco, e se ne infischieranno delle dinamiche paesane. Va detto pure che non va fatta di tutta un’erba un fascio e ci sono esempi positivi di ha scelto di investire e vorrebbe lavorare bene anche d’inverno. Fatto che la prospettiva odierna è un’affaccio su una pentola a pressione. O magari avverrà altro e alcuni potrebbero decidere di togliere le tende tra quattro o cinque anni: ma poi nell’imprenditoria del luogo chi sarà sopravvissuto a questo mercato al rialzo e chi avrà la forza economica per subentrare negli affitti di immobili dove, nel frattempo, i prezzi hanno raggiunto numeri spaventosi? Taormina non è Capri, si è sempre salvata e siamo fiduciosi che, al netto dell’eccesso debordante di presunzione e masochismo che c’è stato, anche stavolta una via la si troverà ma, nei limiti del possibile, un ragionamento sulla direzione in cui andare e cosa si vuole fare di Taormina bisognerà pur farlo, perché non si può sempre sfidare la buona sorte. L’eterna bellezza (forse) ci salverà ma non esageriamo. Qui Corso Umberto, a voi Facebook. Da Phuket è tutto.

ARTICOLI CORRELATI

POTREBBE INTERESSARTI

SEGUICI SUI NOSTRI SOCIAL

35,880FansMi piace
14,200FollowerSegui